Combattere l’ictus con la prevenzione è possibile

Combattere l’ictus con la prevenzione è possibile

L’ictus è un fenomeno largamente diffuso in Italia, che interessa ogni anno circa 200.000 persone, per nuovi casi e insorgenze successive a un precedente episodio. Queste ultime sono circa 35.000, cifra che invita a riflettere sull’importanza di identificare, con sempre maggior precisione, fattori di rischio e fattori protettivi, al fine di una migliore prevenzione.

L’impegno a diffondere una informazione puntuale e comprensibile su questo fenomeno di così ampia portata è assicurato non solo dagli specialisti, ma anche da associazioni di pazienti e familiari, molto attive nel nostro Paese. In quest’ottica anche i media possono dare il loro contributo alla diffusione di una informazione corretta, facendo la loro parte in una battaglia che si può vincere, soprattutto con attenzione alla prevenzione.

Che cos’è l’ictus? Con ictus si indicano generalmente una serie di eventi, come la chiusura o la rottura di un vaso cerebrale che provoca danni al tessuto circostante. Si parla di ictus ischemico quando si ha l’occlusione di un arteria cerebrale che, non permettendo il regolare passaggio del flusso di sangue, provoca la morte delle cellule che da esso ricevono nutrimento e ossigeno. Gli ictus di natura ischemica rappresentano la maggior parte di tutti i casi in generale, circa l’80 per cento.

Si parla invece di ictus emorragico quando un’arteria si lesiona e il sangue che ne fuoriesce esercita una compressione del tessuto cerebrale circostante, danneggiandolo in modo grave. Anche se in percentuale molto bassa rispetto alle precedenti condizioni, l’ictus può presentarsi in altre forme, come quelle di natura congenita: è il caso ad esempio dei problemi di coagulazione anomala del sangue.

In Italia l’ictus è tra le cause più frequenti di mortalità: entro un mese dall’evento ischemico o emorragico il 15% dei pazienti non sopravvive e il resto dei pazienti può riportare gravi disabilità. Per poter contenere i danni è importante saper riconoscere i sintomi dell’ictus cerebrale. Anche se difficili da individuare, poiché improvvisi e senza dolore, non sono privi di caratteristiche riconoscibili come ad esempio mancanza di sensibilità agi arti, difficoltà nel parlare e difficoltà nel percepire una parte del campo visivo.

Sintomi possono manifestarsi anche in brevi archi temporali e poi non essere più avvertiti: in questo caso si parla di “attacchi ischemici transitori”, in presenza dei quali è bene recarsi immediatamente presso una struttura sanitaria dove è possibile intervenire tempestivamente nelle prime ore.

Proprio per far fronte all’emergenza ictus in tempi rapidi sono state istituite anche nel nostro Paese le cosiddette “Stroke Unit”, ossia dei centri specializzati presenti sul territorio, purtroppo non ancora in maniera capillare. Presso questi centri può essere immediatamente effettuata una TAC per capire la natura dell’ictus. In genere, nel caso di ictus emorragico lo specialista valuta la necessità e l’urgenza di un possibile intervento.

Una terapia specifica può consistere anche nella “trombolisi”, ovvero una cura antitrombotica che permette di sciogliere il coagulo di sangue (“trombo”) che blocca l’arteria: se necessario si cerca di prevenire la formazione di altri trombi con l’utilizzo di antiaggreganti che agiscono sulle piastrine del sangue.

Secondo recenti stime, attuare in tempi brevi questi tipi di intervento vuol dire mettere in salvo circa due milioni di neuroni ogni minuto.

L’idea che il tessuto danneggiato possa parzialmente riorganizzarsi grazie alla “plasticità cerebrale” e dunque favorire il recupero di capacità perse dopo lesioni cerebrali è ormai una ipotesi largamente accettata dal mondo scientifico e clinico. Su questo modello fanno leva gran parte degli interventi di riabilitazione dei pazienti, con percentuali di successo di recupero funzionale di sicuro interesse.

Importantissima, specialmente a fine riabilitativo, la considerazione dell’aspetto emotivo e psicologico, oltre a quello strettamente medico: la qualità della relazione umana che si instaura fra il paziente e i professionisti della riabilitazione sembra essere infatti uno dei fattori motivazionali di recupero più importanti.

La condizione della persona a seguito di un ictus cambia in modo significativo: possono esserci infatti ripercussioni dal punto di vista fisico, cognitivo e psicologico. Fra i pazienti si riscontra infatti una tendenza alla depressione che si può manifestare anche attraverso disturbi del sonno, disturbi alimentari e riduzione dell’attenzione. Per minimizzare questo rischio si cerca di aiutare le famiglie a comprendere le nuove necessità della persona malata, suggerendo strutture competenti e idonee sul territorio che possano fornire tutto l’aiuto necessario al miglioramento della qualità della vita della persona interessata e dei suoi cari.

Generalmente si pensa che l’ictus non colpisca in percentuali rilevanti i giovani, ma come si è potuto apprendere all’ultimo congresso della Società Italiana di Neurologia (SIN), tenutosi recentemente a Milano, ben il 15% dei casi di ischemia coinvolge i giovani adulti fra i 18 e i 45 anni, confermando un progressivo aumento dell’insorgenza di ictus in questa fascia di età.

In un contesto che vede i giovani così a rischio assume un ruolo decisivo la prevenzione. Sempre più spesso si assiste alla diffusione di campagne di prevenzione indirizzate alle più svariate patologie, ma quali sono gli accorgimenti che ci aiutano a tenere lontano il rischio di ictus?

A fine preventivo è sempre opportuno, consultando uno specialista, compiere analisi accurate che traccino un eventuale rischio vascolare, ma la prevenzione dell’ictus può essere fatta anche con accorgimenti a portata di mano di ciascuno, come la condotta di una vita regolare, con attività fisica moderata, eliminazione del  fumo, una corretta alimentazione che comprenda pesce, cereali, frutta e verdura, possibilmente povera di grassi animali. È importante inoltre il controllo del peso e dell’assunzione di alcolici.

Va prestata inoltre attenzione ai livelli di colesterolo, di glicemia e di pressione arteriosa, rivolgendosi al medico competente per un consulto, anche in ragione del fatto che condizioni come  il diabete e l’ipertensione costituiscono due importanti fattori di rischio per l’ictus.

Per saperne di più:

Carla Lombardo
Laboratorio di Comunicazione giornalistica
Università degli Studi di Milano Bicocca

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