Metabolismo del ferro e ruolo della vitamina D nel tumore del colon-retto

Con il presente articolo di Cinzia Solinas, MD, specializzanda in Oncologia Medica, inauguriamo la sezione “Oncologia” di BrainFactor. Questo campo di ricerca risulta di estremo interesse anche per la nostra testata, considerati i risvolti psicologici e neuropsicologici della malattia. Particolare attenzione verrà riservata alla diagnosi precoce e alla prevenzione. (La Redazione)

Abstract

Un accumulo intracellulare ed un elevato introito dietetico di ferro sono associati ad un aumento del rischio di sviluppo del carcinoma colo-rettale. Nell’anemia da infiammazione cronica da cancro è presente un’iperespressione dell’epcidina, una proteina indotta dall’infiammazione, coinvolta nell’inibizione dell’efflusso del ferro dalle cellule. La vitamina D è capace di ridurre la produzione di citochine e, conseguentemente, i livelli di epcidina. Un suo deficit è stato riscontrato in pazienti con anemia da cancro, ed è stato correlato ad un aumento del rischio di sviluppo del carcinoma colo-rettale.

Key-Words: ferro, epcidina, vitamina D,carcinoma del colon-retto.


Abstract


A high dietary intake and an increased intracellular accumulation of iron have been correlated with an increased colo-rectal cancer risk. In cancer-related anemia, it has been observed an up-regulation of hepcidin, a protein induced by inflammation that is involved in the inhibition of the mechanisms of the efflux of cellular iron. Vitamin D reduces the levels of hepcidin, the oxidative stress and the production of cytokines (IL-6, TNF alpha, IL 10). A vitamin D deficiency has been associated with cancer-related anemia and an increased risk for the development of colo-rectal carcinoma.

Key-Words: iron, hepcidin, vitamine D, colo-rectal carcinoma.

1.1 Introduzione

Alcuni istotipi di cellule tumorali presentano un accumulo intracellulare di ferro, dovuto ad un netto incremento del suo afflusso e ad un’inibizione del suo efflusso, con conseguente emosiderosi. Un elevato apporto dietetico ed un incremento del deposito di questo minerale all’interno delle cellule, sono stati correlati ad un aumento del rischio di sviluppo del carcinoma colo-rettale. Il ferro, infatti, stimola l’iniziazione e la crescita del tumore. Nell’anemia da infiammazione cronica da cancro, è presente un’iperespressione dell’epcidina, una proteina indotta dall’infiammazione, che è coinvolta nell’inibizione dei meccanismi di efflusso dai depositi intracellulari. In pazienti affetti da tale sindrome è stata rilevata un’ipovitaminosi D, ed una supplementazione di tale ormone ha determinato una riduzione dei livelli di epcidina, dello stress ossidativo e della produzione di citochine (IL-6, TNF alfa, IL 10). Tale effetto è stato osservato anche in colture cellulari di carcinoma colo-rettale. Un deficit della vitamina D è stato inoltre associato ad un aumento del rischio di sviluppo di tale neoplasia.

1.2 Anemia da cancro e vitamina D

Cellule neoplastiche di differenti istotipi presentano un’alterazione del metabolismo del ferro, con un netto incremento del suo afflusso, dovuto all’iperespressione delle proteine coinvolte nell’uptake (TFR1, proteine STEAP e LCN2) e ad un’inibizione dell’attività della pompa ad efflusso della ferroportina. Tali modifiche del metabolismo determinano lo sviluppo dell’emosiderosi. La ferroportina viene degradata dall’epcidina, una proteina circolante, la cui espressione viene indotta nell’anemia da infiammazione cronica, nei malati di tumore in stadio avanzato; tale sindrome è caratterizzata da:

  • stato anemico;
  • accumulo tissutale;
  • assenza della biodisponibilità sistemica del ferro.

Questo fenomeno rappresenta la risposta dell’organismo (host response) che combatte contro il cancro.

In tali pazienti è stata inoltre rilevata un’ipovitaminosi D e la supplementazione di questa vitamina ha determinato una riduzione dei livelli di epcidina, dello stress ossidativo e della produzione di citochine (IL-6, TNF alfa, IL 10). Il suddetto effetto è stato osservato anche in colture cellulari di carcinoma del colon-retto (Torti S. V. et al., 2013).

1.3 Metabolismo del ferro e carcinoma del colon-retto

Il ferro svolge un ruolo importante in numerosi processi fisiologici cellulari, tra cui la sintesi del DNA, la proliferazione cellulare, la regolazione del ciclo cellulare, lo stress ossidativo e la funzione di alcuni enzimi coinvolti nel mantenimento della stabilità genomica.

Diversi studi di popolazione hanno evidenziato che un elevato apporto dietetico di ferro ed un suo accumulo intracellulare sono correlati ad un aumento del rischio di sviluppo del carcinoma colo-rettale. Questo minerale infatti stimola l’iniziazione e la crescita del tumore (Torti S. V. et al., 2013).

Nelle cellule neoplastiche, numerose vie, tra cui quella di HIF e di Wnt (la principale pathway oncogena nel carcinoma del colon) sono regolate dal ferro (Douglas G. W. et al., 2008).

Le proteine HIF-α sono dei fattori di trascrizione coinvolti nella risposta all’ipossia. I tre tipi di sub-unità α (HIF-1α, HIF-2α e HIF-3α) formano degli eterodimeri con HIF-β, che inducono l’espressione di VEGFA, EPO, GLUT1 e survivina. In condizioni di normossia l’HIF-α è degradato; mentre nell’ipossia esso è presente in forma stabile. I seguenti fattori diventano trascrizionalmente attivi quando i livelli intracellulari di ferro sono bassi. L’elevata espressione di HIF-α è frequentemente associata alla crescita del tumore ed alla progressione della malattia. Una volta attivato, l’HIF promuove l’accumulo di questo minerale, tramite l’espressione di TFR1, e stimola la produzione di ceruloplasmina, che ne determina l’ossidazione, per facilitarne il deposito. HIF-2α promuove l’uptake di ferro, inducendo l’espressione di ferroportina, di DMT1 e di DCYTB (duodenal cytokine B) negli enterociti. In modelli murini Apcmin/+ si è osservato che l’HIF-2α attivato promuove lo sviluppo del tumore colo-rettale, tramite l’induzione dell’espressione di DMT1.

Un ruolo importante nella carcinogenesi in vari tipi di tumore è svolto dall’alterazione del segnale di Wnt (che culmina con l’accumulo della β-catenina), e dalla successiva trascrizione del complesso TCF-lymphoid enhancer factor (LEF), che induce l’espressione di alcuni oncogeni target come MYC. La via del segnale di Wnt è regolata da un complesso di distruzione costituito da APC, axina, CK1 (casein kinase 1) e GSK3β (glycogen synthase kinase 3 beta), che bersaglia attivamente la β-catenina, portandola a degradazione. Le mutazioni inattivanti di APC sono un evento precoce nello sviluppo del carcinoma colo-rettale, ed il ferro pare interagire con questa pathway cellulare. Due sono gli effetti indotti su tale via: il segnale di Wnt viene implementato nelle cellule con APC o β-catenina aberrante e l’E-cadherina viene de-regolata, in una via indipendente da APC. Questi effetti spiegano i meccanismi con cui il ferro stimola lo sviluppo del tumore nel colon-retto, in particolare in presenza della mutazione di APC. Un suo elevato introito dietetico accelera la formazione della neoplasia, inducendo MYC, TFR1, DMT1 (come osservato in polipi intestinali di topi Apcmin/+ ed in adenomi e carcinomi umani); bassi livelli di ferro, al contrario, ne riducono la formazione (Torti S. V. et al., 2013).

1.4 Ferroportina ed epcidina

Una delle scoperte più recenti riguarda l’analisi dei rapporti tra ferroportina ed epcidina, proteine che svolgono un ruolo chiave nel metabolismo delle cellule tumorali. La ferroportina è l’unica pompa ad efflusso del ferro conosciuta nei vertebrati. La sua espressione sulla superficie cellulare degli enterociti è regolata dall’epcidina. Quando il deposito intracellulare ed i livelli circolanti di questo minerale sono elevati, l’epcidina è prodotta dagli epatociti, tramite la via BMP (bone morphogenic protein), ed è secreta nel circolo. Essa si lega alla ferroportina, sulla superficie basolaterale degli enterociti, e ne determina l’internalizzazione, tramite delle vescicole di clatrina, con successiva degradazione lisosomiale. Viene così bloccato il rilascio di ferro dal tratto digestivo al circolo. Simultaneamente l’epcidina si lega alla ferroportina sui macrofagi, blocca il ricircolo, e ne aumenta la disponibilità intracellulare. Mutazioni nell’asse ferroportina-epcidina, che alterano tale via, determinano un inappropriato accumulo di questo minerale, e ciò accade anche nell’emocromatosi ereditaria, in cui vi è un documentato aumento del rischio neoplastico (Torti S. V. et al., 2013). Nei tumori del colon-retto in stadio avanzato i livelli di ferroportina sono bassi. In tale condizione di emosiderosi, nei colonociti si verifica un’amplificazione del segnale di Wnt.

Fisiologicamente, per il mantenimento dell’omeostasi, i livelli di epcidina dipendono dalle fluttuazioni del metabolismo del ferro, ma anche dallo stato infiammatorio. La trascrizione di questa proteina è infatti indotta da citochine infiammatorie, quali IL-6, dai patogeni batterici e dal lipopolisaccardide (LPS). I livelli di IL-6 risultano elevati nei tessuti e nei sieri di pazienti affetti da carcinoma del colon-retto, specialmente negli stadi avanzati di malattia.

In tale neoplasia, l’epcidina potrebbe contribuire all’anemia da infiammazione cronica, agendo a livello dei macrofagi ed a livello dei colonociti, attraverso l’induzione dell’emosiderosi, con la conseguente attivazione della via di Wnt (Douglas G. W. et al., 2008).

1.5 Anemia e tumore del colon-retto

Dalle analisi multivariate, fattori di rischio per lo sviluppo dell’anemia nei pazienti affetti da carcinoma del colon-retto sono risultati l’età, la sede del tumore ed il T (Edna T. H. et al., 2012). Inoltre, il 6% dei pazienti con anemia da infiammazione cronica è affetto da tumore colo-rettale, e tale sindrome è più frequente quando il primitivo è localizzato nelle sedi di cieco ed ascendente. La principale citochina coinvolta nella patogenesi dell’anemia da infiammazione cronica è l’IL-6, che stimola, tra l’altro, il rilascio dell’epcidina.

1.6 Epcidina e tumore del colon-retto

Douglas ed altri autori (Douglas G. W. et al., 2008) hanno valutato la presenza dell’epcidina nelle urine e nei tessuti tumorali di pazienti affetti da carcinoma del colon-retto. E’ stato osservato che i livelli urinari aumentavano negli stadi più avanzati di malattia. Inoltre, in circa 1/3 dei campioni istologici esaminati, è stata rilevata la presenza del microRNA di epcidina. La sua espressione nei tumori del colon-retto potrebbe determinare la progressione del tumore, sia direttamente, sia indirettamente, tramite IL-6, i cui livelli di espressione risultano elevati nei tessuti neoplastici colo-rettali, in modo direttamente proporzionale allo stadio di malattia (Douglas G. W. et al., 2008).

1.7 Epcidina e vitamina D

La vitamina D determina una riduzione dei livelli di epcidina, sia in vitro, sia in vivo. La sua somministrazione per os in volontari sani ha portato ad una riduzione del 50% dei livelli di epcidina, rispetto al valore basale. Tale riduzione si è verificata entro le 24 ore dall’assunzione, ed è persistita per le 72 successive (Bacchetta J. et al., 2011). Inoltre una supplementazione di vitamina D comporta una riduzione dello stato infiammatorio (Panichi V. et al., 1998).

1.8 Vitamina D: infiammazione e tumori

La vitamina D è stata oggetto di studio, in quanto fattore potenzialmente modificabile nella storia naturale di molte neoplasie. La sua sintesi avviene a livello cutaneo, in presenza della luce del sole, che converte il 7-deidrocolesterolo in vitamina D3. La vitamina D3 e la vitamina D2 provengono anche dalla dieta. Il fegato idrossila la vitamina D3 in 25-OH VIT D, la molecola che viene dosata a livello ematico per valutare lo stato delle riserve individuali. La forma attiva è di-idrossilata, 1-25 (OH)2 VIT D, e viene prodotta principalmente a livello renale, ma anche in altri tessuti, come prostata, colon e mammella (Steinar T. et al., 2012). Il recettore, VDR, è presente in tutte le cellule: il suo grado di espressione e le sue varianti genetiche potrebbero influenzare l’attività della vitamina D circolante (Buttigliero C. et al., 2011).

Quest’ultima inibisce la produzione delle citochine pro-infiammatorie, TNF-α e IL-6, in colture cellulari di monociti ed in cellule di tumore del colon (Bessler H. et al., 2012).

Studi pre-clinici su modelli animali hanno dimostrato come una supplementazione dietetica di VIT D, o un trattamento con agonisti del suo recettore (VDR), riducano lo sviluppo del tumore in tessuti di cute, colon, prostata e mammella. In tali organi il VDR è altamente espresso. Inoltre, la delezione del gene VDR nel topo altera l’equilibrio di proliferazione ed apoptosi, incrementa il danno ossidativo del DNA ed aumenta il rischio neoplastico; l’attivazione di VDR da parte della 1,25-diidrossivitamina D contribuisce al mantenimento del fenotipo differenziato, alla resistenza allo stress ossidativo cellulare ed alla protezione del genoma. L’espressione di VDR è mantenuta anche nelle cellule neoplastiche, ed uno dei modulatori della progressione della neoplasia parrebbe essere proprio lo status della VIT D (Nelsh J., 2012).

1.9 Vit D e tumore del colon

Recenti studi sperimentali ed epidemiologici hanno posto in evidenza l’associazione del deficit della vitamina D con un elevato rischio di sviluppo del carcinoma colo-rettale. In particolare, la supplementazione vitaminica ne determinerebbe una diminuzione nell’incidenza e potrebbe potenzialmente ridurne la mortalità (Pereira F. et al., 2012). Questo è dovuto al ruolo svolto da questo ormone nell’inibizione della proliferazione cellulare, nella regolazione dell’espressione dei geni coinvolti nella differenziazione cellulare, nella sensibilizzazione delle cellule all’apoptosi e nell’inibizione della replicazione delle cellule umane di carcinoma colo-rettale in coltura (Pereira F. et al., 2012 e Davis C. D. et al., 2011). I dati molecolari, genetici e clinici nell’uomo sono scarsi, ma suggeriscono che essa possa svolgere un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo del tumore del colon (Davis C. D. et al., 2011). La sua forma attiva (1,25 OH VIT D), legandosi  al recettore VDR, interagisce con la via Wnt/beta catenina, tramite l’up-regulation di alcuni oncosoppressori, come l’E-caderina. In cellule di carcinoma colo-rettale il livello di espressione di VDR si riduce negli stadi più avanzati di malattia, e le terapie volte ad incrementarne l’espressione determinano delle modifiche genetiche ed epigenetiche nelle cellule neoplastiche, che potrebbero influenzare i meccanismi di progressione di malattia (Stubbins R. E.et al., 2012).

In uno studio norvegese (Steinar T.et al., 2012), condotto su 658 soggetti con diagnosi di neoplasia tra il 1994 e il 2004 (251 pazienti con carcinoma della mammella, 52 con carcinoma del colon, 210 con carcinoma del polmone e 145 con linfoma), seguiti in follow up fino alla data di morte o al termine del periodo di osservazione previsto dallo studio, sono stati valutati i livelli circolanti di 25 (OH) VIT D, dosati entro 90 giorni dalla diagnosi. I valori di vitamina D superiori ai 45 nmol/L sono risultati associati ad una sopravvivenza più lunga. L’associazione tra il rischio di mortalità cancro specifica e tra la mortalità globale ed i livelli di 25-OH vitamina D è stata osservata per tutti i 4 tipi di neoplasia (Steinar T. et al., 2012).

Palmieri (Palmieri C. et al., 2006) ha osservato che i livelli sierici di 25OHD risultano significativamente più elevati in pazienti affette da early breast cancer rispetto a quanto rilevato negli stadi più avanzati di malattia (Palmieri C. et al., 2006). Tuttavia, esistono delle controversie, relative all’individuazione dei livelli sierici ottimali di 25OH VIT D. Per molti autori il deficit corrisponde ad un valore <10 ng/ml, l’insufficienza tra 10 e 35 ng/ml, i valori normali tra 35 e 80 ng/ml, mentre livelli superiori a 80 ng/ml risultano tossici. Altri autori definiscono il deficit vitaminico per valori <20 ng/ml. In una metanalisi di 25 studi, condotta da Buttigliero (Buttigliero C. et al., 2011), sono stati valutati il ruolo prognostico della vitamina D e dell’espressione di VDR e l’efficacia della supplementazione vitaminica. Bassi livelli ematici di vitamina D sono stati associati ad una prognosi peggiore in pazienti affetti da carcinoma del colon, della prostata e melanoma (in 5 degli 8 studi esaminati). Non esistono attualmente delle evidenze scientifiche riguardanti un possibile beneficio derivante dalla supplementazione vitaminica, come è stato dimostrato in una coorte di soggetti deficitari, affetti da carcinoma della prostata ormono-resistente. Nei due studi che hanno indagato il ruolo prognostico dei livelli circolanti di vitamina D, valutati al momento della diagnosi di tumore colo-rettale, il deficit è risultato associato ad una peggiore sopravvivenza (Buttigliero C. et al., 2011).

2.0 Conclusioni

Il ruolo della vitamina D nel tumore del colon-retto si potrebbe collocare sia nella prevenzione, sia negli stadi avanzati di malattia. Gli studi epidemiologici finora condotti suggeriscono che i livelli circolanti di vitamina D dovrebbero essere superiori a 30 ng/ml. Tali valori sono compatibili con l’esposizione solare o con la supplementazione vitaminica. La vitamina D ed i suoi metaboliti potrebbero essere così utili nella prevenzione, ma anche nel trattamento del carcinoma del colon (Stubbins R. E. et al., 2012). Tali ipotesi andrebbero comunque verificate nell’ambito di ulteriori studi clinici.

Una delle criticità emerse è rappresentata dalla relazione tra i livelli di vitamina D e la sopravvivenza in individui con malattia in stadio avanzato: è possibile che, almeno in parte, essa rifletta l’influenza dello stato della neoplasia sui livelli circolanti di 25 OHD. In altri termini il problema è quello di capire in che modo un basso valore di vitamina D incrementi il rischio di morte per neoplasia, o se l’ipovitaminosi D sia semplicemente la conseguenza di uno stato di salute precario, derivante dalla malattia neoplastica stessa (Buttigliero C. et al., 2011). Sarebbe necessario, inoltre, identificare gli elementi confondenti e modificatori della risposta biologica a tale ormone, compresi i fattori dietetici, lo stile di vita (come la pratica dell’esercizio fisico), la razza, l’etnia ed il background genetico. Le evidenze scientifiche attualmente disponibili non sono comunque sufficienti per raccomandare la supplementazione di vitamina D, sia nella prevenzione, sia negli stadi avanzati di malattia, in pazienti affetti da carcinoma del colon-retto.

Cinzia Solinas, MD
Specializzanda in Oncologia medica

Bibliografia

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