Cervello, dove sta la morale?

Cervello, dove sta la morale?Una breve storia della neuroetica: dove, nel cervello, risiede la morale? L’interrogativo risuonava grossolano, superficiale ma ingenuo durante il primo periodo di studio della morale dal punto di vista neuroscientifico. I sempliciotti della morale vista con l’occhiale della scienza già ponevano la domanda del “posto” della morale, senza aver chiaro che cosa essa fosse…

Questo succedeva una quindicina d’anni fa. Erano i tempi del sorgere dello studio del “cervello morale”. Ora, un’assunzione doverosa di questo tipo d’indagine era senz’altro che, di fatto, vi fosse una cognizione morale unica e specifica, il cui sotteso neuronale sarebbe stato scopribile in qualche recesso del cervello. Lo sforzo della ricerca, pertanto, era volto all’isolamento, mediante la procedura sperimentale, delle componenti morali da quelli non morali, così da poter indagare la risposta neuronale verso la specificità morale.

Pur nobile e sfrontato poteva apparire l’approccio scientifico. Se solo si fosse dimostrato in opposizione alla volontà dell’occhialuto filosofo di fissare in concetti, chiarire la complessità, fissare sotto vetro (musealmente!) i fenomeni della vita. Se fosse stato, in sostanza, ricerca consapevole dell’inesistente.

Lo scienziato della mente morale, tuttavia, non fu nulla di questo. Fu invece, da una parte, confuso pioniere, e, dall’altra, non meno debole filosofo, dove la sua ricerca presupponeva l’esistenza di una specifica cognizione morale, i cui sottesi neuronali sarebbero stati chiaramente discernibili, per la gioia d’un imbarazzante ragionare d’entomologo.

Di fronte al più evidente degli insuccessi nel determinare la specificità neuronale del senso morale, il neuroscienziato si rese conto che il fenomeno oggetto d’indagine, questo che in sé stesso appare come un’instabile ipotesi, forse non è affatto qualcosa di specifico, come fin dall’inizio, acriticamente, s’era postulato.

Dov’è dunque la morale, a livello neuronale? Ovunque.

Il senso morale dell’uomo sembra essere la risulta di diversi processi, che a livello neuronale risiederebbero sparsi un po’ ovunque nel cervello. C’è da dire che la ricerca svolta per determinare il “dove” della morale ha perlomeno posto le basi per dare una risposta alla domanda sul “cosa”. Cosa è la morale? O, per meglio dire, cosa è il senso morale, quali sono le componenti del processo di presa di decisione morale, e così via.

La risposta è complessa e non permette di isolare le parti non morali del processo. Emozioni, teoria della mente, ragionamento astratto, intuitivo o a posteriori; molte, diverse e generali componenti della cognizione umana si combinano a formare il senso e il processo di presa di decisione morale. Della morale andrebbe dunque capita la consistenza prima che la posizione della sua dimora. Comprenderne la consistenza risolve alcuni dubbi sulla posizione della sua dimora. La morale è, nel cervello, pellegrina ed ubiquitaria.

Questo implica anche l’annullamento della presunta specificità della morale, la contraddizione del pensiero che pensa la morale come un monolitico pezzo d’una materia sconosciuta e pura, la cui purezza (psicologica e neuronale) non è da mescolare alle altre componenti della cognizione umana, ampiamente intesa. La morale scende dunque a terra, diventa umana. Cessa la follia del pensiero che pensa la natura umana astratta da sé stessa. In sostanza, s’è compreso che la morale non è irriducibile, dal punto di vista della psicologia e della neuroscienza, proprio perché essa, pensata in modo specifico, non sembra esistere da nessuna parte, nel cervello.

La ricerca, condotta per lo più attraverso l’uso della risonanza magnetica funzionale, volta a catturare la specificità neuronale della capacità morale, attraverso il controllo delle componenti considerate non morali, ha di fatto mostrato il coinvolgimento neuronale delle aree sottese al processamento degli stimoli sociali e alla risposta emotiva. Quello che è emerso, in sostanza, è il fatto che il cosiddetto “cervello morale” sarebbe perlopiù la combinazione particolare, in risposta ad una situazione moralmente connotata, del “cervello emotivo” e del “cervello sociale”. Il “cervello morale”, in sé, non sembra esistere.

Da questo risultato può partire la ricerca per la comprensione del rapporto tra le (complesse) componenti cognitive nel dare vita al senso e alla presa di decisione morale. E la domanda sul posto della morale nel cervello rimane, ma trasformata. Non più dove risieda la specificità nel cervello, ma piuttosto, innanzitutto, cosa dobbiamo intendere per morale, specificità morale, senso morale, processo di presa di decisione morale. Ovvero, semmai, cosa unifica la morale?

Francesco Margoni

Reference:

Young L. & Dungan J. (2011) Where in the brain is morality? Everywhere and maybe Nowhere. Social Neuroscience. 7: 1-10. (link)

4 Comments on "Cervello, dove sta la morale?"

  1. Ernesto Viarengo | 03/04/2013 at 13:16 | Rispondi

    In effetti era molto ingenuoo pensare di trovare un sito specifico del senso morale nel cervello (quasi nell’ambito di una sorta di topografia cerebrale di lombrosiana memoria) e forse nessuno scienziato serio ci ha davvero provato. Si è invece dimostrato che la moralità ha sede nel cervello, è “incarnata” nel cervello e viene trasmessa per via genetica, molto più che culturale. Anche molti animali ne sono dotati, sia pure in forma embrionale,e nei millenni abbiamo assistito ad un’evoluzione darwiniana della morale stessa, che ha consentito quel progressivo imporsi della civiltà del bene e dell’altruismo nella quale noi tutti siamo immersi, anche se la cosa sembra incredibile! e ciò non perchè l’uomo sia naturalmente “buono”, ma perchè il comportamento morale è il più utile e comporta dei vantaggi selettivi fondamentali.

  2. Gentilissimo Ernesto Viarengo,
    grazie. Sulla prima parte del suo commento non si può che essere in accordo, è così. Sulla seconda divergo. Non credo che l’altruismo sia una morale e nemmeno che ne sia necessariamente la precondizione. A questo proposito mi permetto di consigliarLe la lettura di un altro articolo presente sul sito. Lo trova nella sezione neuroetica, titolato “altruismo e morale, percorsi separati?”
    grazie ancora.

  3. Leggendo l’articolo di Young & Dungan si evince che è vero che esaminando la letteratura scientifica è stato dimostrato
    il coinvolgimento di varie e distribuite aree cerebrali
    nella “Morale”. Ma si evince anche che una sola di queste, “the ventromedial prefrontal cortex (VMPC)”, è esclusivamente utilizzata nella Morale, mentre le altre, come ad esempio l’amigdala attiva anche nella “paura” o la giunzione temporo-parietale attiva anche “nella teoria della mente”, non sono esclusive della Morale. D’altra parte Damasio, come riportato in “Emozione e Coscienza”, ha analizzato i casi (sindrome di Gage) di pazienti che dopo la lesione di VMPC hanno un drammatico cambiamento di personalità e perdono completamento ogni senso Morale che prima era pur presente in loro.
    “La condizione di questi pazienti assomiglia molto a quella in cui vengono perdute le funzioni del Super-io” (Solms &
    Turnbull,2002)

  4. Caro Giancarlo Frigato, grazie mille per il suo commento.
    Gli autori dello studio dichiarano esplicitamente, ancora nell’abstract: “no neural substrate or system that uniquely supports moral cognition has been found” – e ciò è vero, oltre che ragionevole.
    Sulla VMPC sono gli stessi autori a dichiarare: “We take fMRI activations within VMPC […] to suggest the engagement of emotional processing.”
    La sua precisazione non sarebbe inutile però non in contrasto con quanto scrivo se anche fosse vera: affermare che esiste un luogo nel cervello dove si esprime solamente la morale, di fronte al fatto che vi sono molti luoghi dove essa si esprime, non mina la validità della conclusione della dispersione della morale nel cervello …

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