Rapporto Istat: Italia tra denatalità record, ultracentenari e giovani “multi-deprivati”

ROMA – Sono tanti i record che l’Italia ha segnato nel tempo. Ma quello dell’ultimo periodo è particolarmente significativo. Stiamo parlando del “record del minimo di nascite, per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400.000”: per la precisione, 393.000 nel 2022.

Lo si legge nel Rapporto Annuale 2023 dell’Istituto Italiano di Statistica (ISTAT), in corso di presentazione a Roma a Palazzo Montecitorio. In estrema sintesi, gli Italiani stanno proprio invecchiando, con età media della popolazione che passa da 45,7 anni a 46,4 tra inizio 2020 e inizio 2023, con speranza di vita alla nascita di 80,5 anni per i maschi e 84,8 per le donne.

Aumentano gli “ultracentenari”, il cui numero “raggiunge il suo più alto livello storico, sfiorando al 1° gennaio la soglia delle 22.000 unità”, con un aumento rispetto al 2022 di 2.000. Si rinforza anche il segmento degli ultraottantenni, che nel 2041 supereranno i 6 milioni: oggi si attestano a 4,5 milioni, pari al 7,7% della popolazione; gli over 65 rappresentano il 24% della popolazione, con 14,2 milioni di persone censite.

Se le nuove generazioni sono viste dai ricercatori come “motore della crescita futura”, purtroppo “nel 2022 quasi un giovane su due (circa 5 milioni, pari al 47,7% dei 18-34enni) mostra almeno un segnale di deprivazione in uno dei domini chiave del benessere: istruzione e lavoro, coesione sociale, salute, benessere soggettivo, territorio”.

Le quote più elevate di deprivazione si registrano nella dimensione istruzione e lavoro (20,3%), in quella della coesione sociale (18,2%) e nel dominio territorio (14%); seguono salute (9,4%) e benessere soggettivo (6,8 per cento).

Molti (1,6 milioni, pari al 15,5% di questo segmento) sarebbero addirittura “multi-deprivati ovvero mostrano segnali di deprivazione in almeno due domini”. La fascia più vulnerabile sarebbe quella tra i 25 e i 34 anni, in cui i “livelli di deprivazione e multi-deprivazione sono sistematicamente più alti”. Trascurabili le differenze di genere.

D’altro canto, solo per fare alcuni esempi, sembra che la nostra spesa pubblica per istruzione in rapporto al PIL mostri “un minore impegno del nostro Paese […] rispetto alle maggiori economie europee (4,1% del PIL in Italia nel 2021 contro il 5,2 in Francia, il 4,6 in Spagna e il 4,5 in Germania) e in generale rispetto alla media dei paesi UE 27 (4,8 per cento)”.

Inoltre, “la maggior parte degli edifici scolastici statali non dispone di tutte le attestazioni relative ai requisiti di sicurezza: le certificazioni sono detenute da poco meno del 40% dei casi” e solo “poco più di un terzo degli edifici scolastici, statali e non, è privo di barriere fisiche”.

La povertà poi, si trasmetterebbe intergenerazionalmente in una “trappola” più evidente qui da noi che nella maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea: “quasi un terzo degli adulti (25-49 anni) a rischio di povertà proviene da famiglie che, quando erano ragazzi di 14 anni, versavano in una cattiva condizione finanziaria”. Ancora oggi in Italia 1,4 milioni di minori crescono in contesti di “povertà assoluta”.

Buone notizie invece sul versante economico, dove ISTAT certifica una crescita del PIL italiano 2022 del 3,7%, inferiore solo alla Spagna che tocca il +5,5%, mentre la Francia si attesta al +2,5% e la Germania al +1,8 per cento; migliorerebbe anche il tasso di occupazione nella fascia tra i 15 e i 64 anni, che raggiunge il 60,1% con +1,9 punti percentuali registrati nell’anno.

Segui la diretta web dell’evento: http://webtv.camera.it/evento/22823

Foto di Mandy Henry su Unsplash

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