Il posto della libertà tra cervello e società. Una proposta

Il libero arbitrio: dall’intuizione alla scienza del cervello

C’è un elemento paradossale nel considerare come molti dei neuroscienziati e dei filosofi più progressisti dal punto di vista sociale e politico siano anche convinti che la libertà degli individui in senso generale, quella per cui siamo i consapevoli decisori delle nostre azioni, non esista, sia una semplice illusione. Questi studiosi sono difensori delle libertà civili e dei diritti dei cittadini ma ritengono che la scienza stia dimostrando come il controllo sulle nostre scelte sia solo presunto e non un fenomeno reale.

D’altra parte, intellettuali più conservatori in ambito sociale sono invece fortemente convinti che le persone siano, nella maggior parte dei casi, in grado di orientare il proprio comportamento senza condizionamenti insormontabili e quindi di assumersene la responsabilità nel bene (avendone merito) e nel male (ricevendone biasimo).

In tutto questo, che sarebbe inquadrabile come una disputa filosofica e ideologica (in senso positivo), le scienze della mente e del cervello hanno un ruolo centrale. E sono chiamate ad avvalorare o smentire tesi che hanno ricadute importantissime sulla vita delle persone. Per questo il tema della libertà, o del libero arbitrio, con linguaggio tecnico, è diventato rilevante nella ricerca sui meccanismi di funzionamento del sistema nervoso. E il contributo che può venire da una buona divulgazione a questo proposito è sempre più importante.

Ripartiamo quindi dalla chiarificazione di alcuni concetti per esporre poi una proposta elaborata da chi scrive, come contributo a un dibattito sempre più vasto, eppure ancora lontano dal trovare uno sbocco condiviso.

Il concetto di agency, in base al quale gli individui possiedono la capacità di scegliere il proprio comportamento e di muoversi liberamente all’interno del proprio ambiente fisico e sociale, tenendo conto dei vincoli materiali e della presenza di altri esseri senzienti, è radicato nella cultura umana fin dall’antichità. Si tratta di un’intuizione ampiamente accettata e profondamente inscritta nel nostro pensiero collettivo. Tuttavia, i progressi della filosofia e dell’indagine scientifica hanno gradualmente messo in dubbio la veridicità di questa convinzione, mettendo in discussione l’idea che la libertà sia un attributo intrinseco ed essenziale degli esseri umani, benché sia il principio fondamentale per le loro interazioni all’interno della società.

Senza dubbio, ci troviamo in un’epoca distinta della storia umana, caratterizzata da un’intensificazione dell’esame e delle sfide rivolte al concetto di libero arbitrio. All’interno degli ambienti accademici sono emersi diversi punti di vista, come l’eliminativismo e l’illusionismo sulla libertà, che utilizzano argomenti teorici radicati nel determinismo fisico per illustrare la sua intrinseca incompatibilità con la nozione di libero arbitrio (Smilansky, 2000; Caruso, 2021).

Inoltre, le interpretazioni derivate dalle scoperte empiriche della psicologia e delle neuroscienze cognitive hanno fatto luce sull’apparente inefficacia causale dei nostri processi mentali coscienti, come evidenziato da studi fondamentali come quelli condotti da Libet et al. (1983).

Il libero arbitrio come proprietà degli individui e concetto sociale può essere caratterizzato da tre condizioni (Walter, 2009; Lavazza, 2016). La prima è la “capacità di fare altrimenti”. Si tratta di un concetto intuitivo: per essere liberi, bisogna avere almeno due alternative o corsi d’azione tra cui scegliere. Se si ha uno spasmo involontario della bocca, ad esempio, non si è in grado di scegliere se storcere o meno la bocca.

La seconda condizione è il “controllo delle proprie scelte”. La persona che agisce deve essere la stessa che decide cosa fare. Per avere il libero arbitrio, bisogna essere l’autore delle proprie scelte, senza l’interferenza di persone e di meccanismi al di fuori della propria portata. Questo è ciò che chiamiamo agency, ovvero essere e sentirsi “padroni” delle proprie decisioni e azioni.

La terza condizione è la “risposta alle ragioni”: una decisione non può essere libera se è l’effetto di una scelta casuale, ma deve essere motivata razionalmente. Se lancio un dado per decidere chi sposare, la mia scelta non può dirsi libera, anche se sceglierò liberamente di dire “lo voglio”. Al contrario, se scelgo di sposare una persona specifica per le sue idee e il mio profondo amore per lei, allora la mia decisione sarà libera.

Queste condizioni che caratterizzano il libero arbitrio, pur essendo rigorosamente definite da un punto di vista teorico, sono permeate da intuizioni normative e regole che si sono consolidate nelle nostre pratiche sociali proprio a partire da una psicologia del senso comune. Questo quadro è oggi messo in discussione da una serie di argomenti filosofici e di dati empirici. Non si tratta, quindi, di difendere il libero arbitrio perché sembra che non possiamo farne a meno, ma di darne una caratterizzazione più circoscritta, precisa e fisiologicamente fondata su un ampio spettro.

L’attuale fisiologia del libero arbitrio

La fisiologia del libero arbitrio è equivalente a quella che tecnicamente viene chiamata neuroscienza della volizione, dove la volizione “è generalmente intesa come un insieme di processi naturali che portano all’esecuzione di un’azione volontaria” (Dominik et al., 2023). Un’azione volontaria, a sua volta, può essere descritta come un’azione che non è causata da fattori o eventi esterni o che è almeno relativamente non vincolata da fattori o eventi esterni. Si tratta di un sottocampo delle neuroscienze cognitive che ha mosso i primi passi con la scoperta del potenziale di prontezza a metà degli anni Sessanta e che ha visto negli esperimenti condotti da Libet e dal suo gruppo all’inizio degli anni Ottanta gli studi chiave che lo hanno indirizzato fino ai giorni nostri.

Gli esperimenti di Libet (Libet et al., 1983) sembravano dimostrare che la consapevolezza di un semplice movimento arrivava al soggetto quando il processo motorio nel cervello era già stato avviato. Mentre il pubblico non esperto e persino molti filosofi e intellettuali pubblici si fermano al messaggio semplificato che l’esistenza del libero arbitrio, dopo migliaia di anni di dibattito teorico, è stata falsificata attraverso uno studio empirico, gli scienziati non sono in genere soddisfatti di questa lettura semplicistica.

Il punto principale, tuttavia, è che l’intero paradigma di Libet è stato messo in discussione in diverse sue dimensioni. La prima e forse la più rivelatrice riguarda l’introduzione del resoconto introspettivo dell’esperienza soggettiva della formazione dell’intenzione. Se da un lato questa è stata l’intuizione rivoluzionaria di questo tipo di esperimento, dall’altro rimane una grande debolezza difficile da superare. E questo influisce sulle misurazioni dei tempi all’interno dell’esperimento, che sono gli elementi chiave per la conclusione.

L’altro elemento controverso è il potenziale di prontezza, la cui area cerebrale di origine non è nemmeno chiara. Inoltre, secondo recenti interpretazioni (Schurger et al., 2012), che hanno trovato numerosi sostenitori, forse il RP riflette non la preparazione al movimento, ma piuttosto il caratteristico lento dispiegarsi di fluttuazioni casuali nell’attività cerebrale. E questo minerebbe l’interpretazione anti-libero arbitrio degli esperimenti di Libet.

Oggi si comincia a delineare una neuroanatomia della volizione che, tuttavia, comprende molte aree e interconnessioni tra di esse. Sebbene si tratti di un importante passo avanti, probabilmente non si può ancora dire nulla di certo traducendo i dati disponibili all’uso che viene fatto del concetto di libero arbitrio nelle pratiche sociali.

Una spiegazione evolutiva del controllo e del libero arbitrio

Per stabilire un legame esplicativo significativo e non arbitrario tra il concetto di libero arbitrio e la sua base fisiologica, preservando al contempo l’utilità pratica e l’indispensabilità del concetto, è necessario uno sforzo di ricerca. L’obiettivo è quello di consentire la verifica e la misurazione di una proprietà specifica, garantendone l’operazionalizzazione senza comprometterne le caratteristiche essenziali.

In questo senso, può essere utile il modello proposto di recente da Michael Tomasello, secondo cui esiste un concetto naturalistico di agency che può essere ricostruito evolutivamente. Essa presenta meccanismi diversi nelle varie specie ed è legata, soprattutto negli esseri umani, a una forma di controllo del comportamento che può essere sovrapposta a una nozione “ristretta” di libero arbitrio.

L’idea generale di Tomasello (2023) è che ciò che conta per il comportamento non è la complessità, ma il controllo. Pensiamo agli insetti eusociali: quando formiche e api compiono azioni che a noi sembrano particolarmente complesse, come la costruzione di enormi formicai, sono sotto il controllo della biologia evolutiva che le guida costantemente. Al contrario, i mammiferi e i primati, anche quando compiono azioni semplici, sembrano prendere decisioni informate e non stereotipate sul loro ambiente, controllate almeno in parte dall’individuo. Non solo guidate dalla biologia evolutiva, ma anche dalla loro psicologia che implica un’agentività individuale.

La spiegazione evolutiva si basa sull’imprevedibilità degli ambienti in cui le entità viventi devono prosperare. Il concetto di agency può quindi essere considerato la forma psicologica di controllo individuale del comportamento come modalità più avanzata di guida istintuale dettata dalla biologia della specie. A partire dai mammiferi, a questo processo di base si aggiunge un elemento fondamentale: il sistema esecutivo che permette di generare “intenzioni di agire”. Negli esseri umani, questa funzione è chiamata anche “controllo cognitivo”, ed è proprio quella di cui possiamo valutare la presenza e misurare la quantità disponibile o esibita.

Valutazione e misurazione del controllo

L’approccio che proponiamo mira a mitigare l’incertezza associata al libero arbitrio intuitivo utilizzando un percorso di ricerca non banale ma tracciabile. Abbracciando una prospettiva naturalistica ed evolutiva sul sistema di controllo umano, che si è evoluto negli ultimi 60-100 mila anni, possiamo introdurre un’alternativa plausibile e scientificamente fattibile al concetto sfuggente di libero arbitrio descritto in precedenza. Il meccanismo di controllo a feedback proposto da Tomasello è promettente grazie alla sua base empirica e alla sua specificità, sebbene operi a livello psicologico (funzionale). Di conseguenza, dovremmo cercare e sviluppare strumenti di rilevazione e misurazione in grado di identificare le basi fisiologiche riviste del libero arbitrio.

Considerando i punti sopra citati e i suggerimenti che seguiranno, possiamo definire il libero arbitrio come la capacità di regolare dinamicamente le risposte comportamentali di fronte alle sfide ambientali, guidata dagli obiettivi stabiliti dall’agente. Anche se non ci addentreremo nei dettagli di questa definizione, vale la pena notare che il ruolo del controllo cosciente momento per momento, spesso considerato come la componente soggetta a confutazione sperimentale che mina l’attribuzione del libero arbitrio agli individui, è relativamente minore in questo quadro.

Per non ricadere nelle difficoltà e nella circolarità che hanno caratterizzato molti tentativi di ricondurre il libero arbitrio alla fisiologia del sistema nervoso, i passi successivi che proponiamo sono i seguenti. Il fenomeno del controllo sembra ben documentato e studiato. Data la natura multiforme del libero arbitrio, che comprende aspetti funzionali e psicologici, oltre a dimensioni teoriche e normative, la nostra esplorazione del suo fondamento fisiologico dovrebbe aderire a un approccio globale.

A questo proposito, l’impiego di test neuropsicologici che colgano gli aspetti performativi e funzionali del controllo, come articolato da Tomasello, è una strategia sensata. Collegando successivamente questi test ai correlati fisiologici delle funzioni misurate a livello psicologico, possiamo ottenere una caratterizzazione completa e precisa di ciò che chiamiamo libero arbitrio.

In termini generali (Lavazza e Inglese, 2015), le funzioni esecutive si riferiscono all’insieme dei processi mentali necessari per lo sviluppo di schemi cognitivo-comportamentali adattivi in risposta a condizioni ambientali nuove e impegnative. Il dominio delle funzioni esecutive comprende:

*La capacità di pianificare e valutare strategie efficaci in relazione a uno scopo specifico, in relazione alle competenze di problem solving e flessibilità cognitiva;

*Il controllo inibitorio e i processi decisionali che supportano la selezione di una risposta funzionale e la modifica della risposta (comportamento) in relazione al cambiamento delle contingenze ambientali;

*Il controllo attenzionale con riferimento alla capacità di inibire gli stimoli interferenti e di attivare le informazioni rilevanti;

*La memoria di lavoro con riferimento ai meccanismi cognitivi in grado di mantenere in linea e manipolare le informazioni necessarie per svolgere compiti cognitivi complessi.

Si potrebbe pensare di costruire un indice che unifichi i risultati dei diversi test considerati con una specifica ponderazione e li bilanci in base al contributo di ciascuno alla forma di controllo da misurare. Potrebbe essere una sorta di profilo simile al QI che attesti la capacità di controllo del soggetto (Lavazza e Inglese, 2015).

Due funzioni esecutive risultano essere centrali: (i) la capacità di prevedere gli esiti futuri di una determinata azione e (ii) la capacità di sopprimere le azioni inappropriate, cioè non sufficientemente valide. È importante notare che queste due funzioni esecutive operano non solo durante la genesi di un’azione, ma anche durante la pianificazione di un’azione già selezionata. Infatti, nel lasso di tempo che intercorre tra il momento in cui un’azione è stata scelta e quello in cui l’output motorio sta per essere generato, il contesto potrebbe essere cambiato, alterando il valore calcolato dell’azione e richiedendo quindi un cambiamento radicale della strategia motoria pianificata, come previsto dal modello di agency in quanto controllo attivo e individualizzato.

È quindi possibile scegliere alcuni test neuropsicologici consolidati, considerati affidabili nel loro ambito di valutazione.

Le Matrici Progressive Colorate di Raven sono utilizzate per testare l’abilità di pensiero chiaro e il ragionamento logico-deduttivo (Raven, 1947); il Trail Making Test è in grado di valutare l’attenzione multitasking, le abilità di set-shifting concettuale e la flessibilità mentale (Giovagnoli et al., 1996); lo Stroop Test può valutare l’inibizione automatica delle risposte (Stroop, 1935); il Wisconsin Card Sorting Test è utilizzato per la capacità di “set-shifting” (Laiacona et al., 2000); il Weigl’s Color-Form Sorting Test può valutare la capacità di problem-solving (Weigl, 1941); il Simplified London Tower Test può valutare la pianificazione, la memoria di lavoro e il problem solving non verbale (Allamanno et al., 1997), 1997); il Digit Span Backward è usato per testare la memoria di lavoro (Monaco et al., 2013); il Verbal Judgment Task è usato per acquisire conoscenze e ragionamenti logici verbali (Spinnler e Tognoni, 1987); il Cognitive Estimation Test può valutare il ragionamento deduttivo (Della Sala et al., 2003); l’Iowa Gambling Task può testare il processo decisionale in condizioni di ambiguità (Bechara et al., 1994); infine, il Go / No-Go Test può valutare l’attenzione sostenuta e il controllo/inibizione della risposta (Nosek e Banaji, 2001).

Come detto, in combinazione tra loro, con un punteggio appositamente calibrato, questi test costruiti per valutare le funzioni esecutive possono fornire un indice unificato di “controllo a feedback” assunto come “indicatore” e potenzialmente nuovo concetto operazionalizzato di libero arbitrio, secondo la definizione che abbiamo proposto sopra (Lavazza e Inglese, 2015; Lavazza 2016). Ovviamente, dal punto di vista di una scienza del libero arbitrio, si tratta di una soluzione provvisoria, perché i test sono stati validati in un contesto clinico e per scopi clinici (valutazione dei deficit rispetto alle presunte prestazioni medie di individui adulti sani) e sociali-normativi (prestazioni ritenute adeguate alle interazioni richieste dall’ambiente).

Dalla psicologia alla fisiologia

Per far progredire la nostra comprensione delle basi neuronali dei meccanismi di controllo alla base delle funzioni esecutive, è essenziale sviluppare test nuovi e raffinati che catturino efficacemente le prestazioni del sistema di controllo a feedback. Questi test dovrebbero allinearsi con un modello esplicativo del libero arbitrio, mirando a identificare i correlati primari delle funzioni esecutive misurate a livello funzionale. Tuttavia, stabilire corrispondenze precise tra l’attivazione di specifiche regioni cerebrali e le funzioni esecutive, osservate a livello psicologico funzionale, rimane un’impresa complessa che attualmente supera le capacità delle neuroscienze cognitive. Ciononostante, sono stati compiuti progressi significativi in questa direzione (Lavazza e Inglese, 2023).

Questo approccio ha due implicazioni. Da un lato, la conoscenza funzionale ottenuta attraverso la ricerca psicologica ci permette di identificare i meccanismi neurali; dall’altro, la conoscenza dei correlati neuronali è una guida euristica allo sviluppo di modelli psicologici più sofisticati. Così, l’indice del libero arbitrio potrebbe essere uno strumento per indagare i meccanismi cerebrali alla base di ciò che nel comportamento appare come “controllo”.

Anche se l’antico problema del libero arbitrio non sarà risolto a breve, sulla base delle prove esaminate sopra possiamo affermare che il libero arbitrio, così come concepito dal nostro modello, esiste (cfr. Delnatte et al., 2023). Il libero arbitrio è un fenomeno di origine biologica e può essere (almeno in parte) naturalizzato e reso operativo come proponiamo. Si tratta di uno sforzo interdisciplinare che chiama a raccolta studiosi di diversa estrazione per un compito che si rivelerà estremamente utile per la nostra società.

Andrea Lavazza
Centro Universitario Internazionale;
Università di Pavia, Italia

Silvia Inglese
Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico,
SSD Geriatria, Milano, Italia

Bibliografia

  • Allamanno, N., Della Sala, S., Laiacona, M., Passetti, C., Spinnler, H. (1987). Problem Solving Ability in Aging and Dementia; Normative Data on a Non Verbal Test. The Italian Journal of Neurological Science, VIII (2), 111-120.
  • Bechara, A., Damasio, A. R., Damasio, S., Anderson, S. (1994). Insensitivity to Future Consequences Following Damage to Human Prefrontal Cortex. Cognition, L (1), 7-15.
  • Caruso, G. D. (2021). Rejecting Retributivism: Free Will, Punishment, and Criminal Justice. Cambridge University Press.
  • Della Sala, S., MacPherson, S. E., Phillips, L. H., Sacco, L., Spinnler, H. (2003). How Many Camels Are There in Italy? Cognitive Estimates Standardised on the Italian Population, in: «Neurological Sciences», vol. XXIV, n. 1, 2003, pp. 10-15.
  • Delnatte, C., Roze, E., Pouget, P., Galléa, C., & Welniarz, Q. (2023). Can neuroscience enlighten the philosophical debate about free will?. Neuropsychologia, 108632.
  • Dominik, T., Mele, A., Schurger, A., Maoz, U. (2023). Libet’s legacy: A primer to the neuroscience of volition.
  • Giovagnoli, A. R., Del Pesce, M., Mascheroni, S., Simoncelli, M., Laiacona, M., Capitani, E. (1996). Trail Making Test: Normative Values from 287 Normal Adult Controls. The Italian Journal of Neurological Sciences, XVII (4), 305-309.
  • Laiacona, M. Inzaghi, M. G., De Tanti, A., Capitani, E. (2000). Wisconsin Card Sorting Test: A New Global Score, with Italian Norms, and Its Relationship with the Weigl Sorting Test. Neurological Sciences, XXI (5), 279-91
  • Lavazza, A. (2016). Free will and neuroscience: from explaining freedom away to new ways of operationalizing and measuring it. Frontiers in Human Neuroscience, 262.
  • Lavazza, A., & Inglese, S. (2015). Operationalizing and measuring (a kind of) free will (and responsibility). Towards a new framework for psychology, ethics, and law. Rivista internazionale di Filosofia e Psicologia, 6(1), 37-55.
  • Lavazza, A., Inglese, S. (2023). The physiology of free will. The Journal of Physiology, doi.org/10.1113/JP284398
  • Libet, B., Gleason, C. A., Wright, E. W., & Pearl, D. K. (1983). Time of conscious intention to act in relation to onset of cerebral activity (readiness-potential) the unconscious initiation of a freely voluntary act. Brain, CVI (3), 623-642.
  • Monaco, M., Costa, A., Caltagirone, C., Carlesimo, G. A. (2013). Forward and Backward Span for Verbal and Visuo-Spatial Data: Standardization and Normative Data from an Italian Adult Population. Neurological Sciences, XXXV (4), 749-754.
  • Nosek, B. A., Banaji, M. R. (2001). The Go/No-Go Association Task. Social Cognition, XIX (6), 625-666.
  • Raven, J.C. (1947). Progressive Matrices. H.K. Levis and Co. Ltd.
  • Schurger, A., Sitt, J. D., Dehaene, S. (2012). An accumulator model for spontaneous neural activity prior to self-initiated movement. Proceedings of the National Academy of Sciences, 109(42), E2904–E2913.
  • Smilansky, S. (2000). Free Will and Illusion. Oxford University Press.
  • Spinnler, H., Tognoni, G. (1987). Standardizzazione e taratura italiana di Test Neuropsicologici. The Italian Journal of Neurological Sciences, VI (8), 65-67.
  • Stroop, J. R. (1935). Studies of Interference in Serial Verbal Reactions. Journal of Experimental Psychology, XVIII (6), 643-662.
  • Tomasello, M. (2023). Dalla lucertola all’uomo. Storia naturale dell’azione. Cortina Editore.
  • Walter, H. (2009). Neurophilosophy of Free Will: From Libertarian Illusions to a Concept of Natural Autonomy. The MIT Press.
  • Weigl, E. (1941). On the Psychology of the So Called Processes of Abstraction. Journal of Abnormal and Social Psychology, XXXVI (1), 3-33.

© COPYRIGHT Illustrazione di Raffaella Cocchi per BRAINFACTOR Tutti i diritti riservati.

1 Trackbacks & Pingbacks

  1. Dove sta andando il mondo? | BRAINFACTOR

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.