Il disegno narrativo condiviso

Il Disegno Narrativo Condiviso (DNC) è una tecnica grafico-narrativa usata nella psicoterapia con i bambini, e con bambini e genitori, sia in fase di valutazione sia durante il percorso terapeutico (Passaro, 2017).

L’idea principale su cui è basato il lavoro con il DNC è presentare la coppia terapeutica al lavoro assieme e contemporaneamente: non sarà soltanto il piccolo paziente a disegnare e raccontare mentre il terapeuta osserva e ascolta; terapeuta e bambino, invece, immaginano e disegnano assieme, sullo stesso foglio, dividendo spazi e materiali, per inventare, successivamente un storia che vedrà protagonisti gli oggetti e i personaggi immaginati, grazie ai quali sarà possibile avvicinare il mondo interno del bambino, le sue paure e difficoltà, e cercare le risorse più adatte per il cambiamento.

Nella stanza di terapia, mentre gioca, racconta o disegna, un bambino può accedere, con l’aiuto dello spazio e del terapeuta, al suo mondo immaginale e far sì che ogni bisogno, difficoltà o sintomo trovi nuovi significati e venga accolto dalla relazione terapeutica. Ciò accade principalmente attraverso il gioco: “Giocare è fare”, scriveva Donald Winnicott, ponendo l’accento sulla realizzazione degli oggetti interni nello spazio potenziale della terapia (Winnicott, 1971b); eppure, il gioco del bambino diviene realmente terapeutico perché “giocato assieme ad un altro”. Il terapeuta e il suo piccolo paziente saranno ingaggiati nella creazione di una coppia che condividerà racconti, giochi e cercherà equilibri nuovi e nuovi orizzonti di senso. Sarà la coppia terapeutica a creare la terapia, prendendo forma in questo stesso atto creativo.

Il Disegno Narrativo Condiviso (i bambini lo chiamano “Puntastoria”) è un racconto, sia disegnato che scritto e narrato. Per realizzarlo occorrono due fogli bianchi, delle matite e dei colori. Il DNC, partendo dalle teorie di Winnicott e dal gioco dello Scarabocchio (Winnicott, 1971a), attinge alla tradizione psicologica e psicoanalitica, alla psicologia analitica e della Gestalt, al vasto patrimonio offerto dalla fiaba e dal mito, alla letteratura e all’arte. Le sue ispirazioni principali sono lo Scarabocchio di Winnicott, in ambito clinico, e il gioco surrealista dei cadaveri squisiti in ambito artistico-letterario.

Per cominciare una Puntastoria, bambino e terapeuta segnano dei puntini su uno stesso foglio bianco. Quando il terapeuta riterrà siano sufficienti, li unirà con delle linee e chiederà al piccolo paziente di fare altrettanto. Quando tutti i punti saranno uniti agli altri, sul foglio appariranno un insieme di figure geometriche chiuse. Successivamente, a turno, paziente e terapeuta osserveranno il disegno cercando di immaginare, nei contorni delle singole figure geometriche, degli oggetti, personaggi, parti del corpo o altro, e completeranno quanto immaginato aggiungendo particolari. Quando tutte le porzioni del disegno iniziale saranno occupate da un’immagine si potrà colorarle usando matite, acquerelli o qualsiasi altra tecnica.

Mentre personaggi e oggetti sono disegnati, il terapeuta li annoterà su un foglio a parte, quindi proporrà al bambino di inventare una storia fantastica che comprenda tutte le immagini trovate. Mentre il piccolo paziente creerà la sua storia, il terapeuta la trascriverà, così da poterla rileggere al bambino, ponendo enfasi e carattere negli eventi e nei personaggi. Infine, il bambino immaginerà un titolo.

Durante la creazione di una Puntastoria, o dopo la sua lettura, il terapeuta potrà entrare nel racconto ponendo delle domande (ad esempio: “Ti è mai successa questa cosa?”; “Come ti sentiresti in questa situazione?”), suggerendo amplificazioni (“È proprio come nella fiaba di Cenerentola! La conosci? Anche lì succede questa cosa”), spunti (“Se mi trovassi io in quel bosco avrei paura”, oppure “Io farei così”, ecc.), richiami e condensazioni (“È come mi dicevi la settimana scorsa. Ricordi? Mi hai detto che a scuola ti eri sentito così. Proprio come il mago della tua storia”).

L’dea che ispira il lavoro attraverso il Disegno Narrativo Condiviso, comune all’interpretazione dei sogni junghiana e gestaltica, è che ogni parte del disegno/racconto/sogno rappresenti una proiezione del narratore/sognatore e, quindi, dia voce ad una sua parte. Ma non sarà soltanto il mondo interno del bambino a palesarsi: gli inconsci individuali di paziente e terapeuta comunicheranno creando qualcosa di inedito: il contenitore della coppia terapeutica.

Il racconto fantastico della Puntastoria è un luogo sicuro dove il bambino può portare le proprie paure, che, altrimenti, sarebbero troppo forti per essere avvicinate e raccontate. Nei disegni e nella storia di un DNC il bambino può raccontare le proprie ansie e preoccupazioni, tenendole, però, ad una “distanza di sicurezza” garantita dalla finzione del mondo della fantasia e dalla relazione di gioco, per costruire soluzioni possibili e risorse nuove.

La Puntastoria può essere considerata simile al “luogo immaginario” raccontato da Dina Vallino (1998), nel quale le proiezioni del piccolo paziente e del terapeuta, dapprima intollerabili, saranno trasformate e restituite alla coppia terapeutica che le interiorizzerà nuovamente seguendo un meccanismo dinamico riconducibile al concetto di identificazione proiettiva (Klein, 1946).

Il Disegno Narrativo Condiviso, come è accaduto con l’evoluzione del concetto di identificazione proiettiva (cfr. Ogden, 1994), unisce la dimensione intrapsichica, relativa al mondo interno di bambino e terapeuta se presi singolarmente, con la dimensione interpersonale, che crea e sottende una relazione significativa e fertile, propria della coppia terapeutica, con la finalità di trasformare i contenuti individuali del bambino all’interno della relazione terapeutica per facilitarne il cambiamento psicologico (cfr. Baranger e Baranger, 1961).

Il Disegno Narrativo Condiviso, presentato in questi giorni ai lettori e ai professionisti che lavorano per il benessere emotivo e psicologico di bambini e genitori, cerca di arricchire e penetrare lo spazio della terapia, di accogliere e approfondire l’emotività e l’intimità di un evento, accaduto o immaginato dal piccolo paziente, attraverso il contenitore fornito dalla coppia terapeutica, spinto dalla capacità naturale e compulsiva dell’uomo di comunicare per raccontarsi, nella ricerca di senso e significato per ciò che ci accade, per creare e ricreare il mondo in cui viviamo.

Gianluigi Passaro

Bibliografia

  1. Baranger, W., Baranger, M., “La situazione psicoanalitica come campo bipersonale”. Milano, Raffaello Cortina Editore, 2011.
  2. Klein, M., (1946), “Note su alcuni meccanismi schizoidi”. In “Scritti: 1921-1958”. Torino, Bollati Boringhieri, 2006.
  3. Ogden, T., “L’identificazione proiettiva e la tecnica psicoterapeutica”. Roma, Astrolabio Ubaldini Edizioni, 1994.
  4. Passaro, G., “Il Disegno Narrativo Condiviso. Disegnare e raccontare nella psicoterapia con i bambini”. Roma, Armando Editore, 2017.
  5. Vallino, D., “Raccontami una storia. Dalla consultazione all’analisi dei bambini”. Edizioni Borla, Roma, 1998.
  6. Winnicott, D.W., (1971a), “Colloqui terapeutici con i bambini. Interpretazione di 300 scarabocchi”. Roma, Armando Editore, 2015.
  7. Winnicott, D.W., (1971b), “Gioco e Realtà”. Roma, Armando Editore, 2015.

Gianluigi Passaro è psicologo dell’età evolutiva e psicoterapeuta. Socio ordinario dell’Associazione Italiana Gestalt Analitica (AIGA) e socio di ETNA, Progetto di Etnopsicologia Analitica, è referente dell’Area Intervento Età Evolutiva dell’Ambulatorio Sociale di Psicoterapia, Opera don Calabria di Roma. Vive e lavora a Roma.

Il libro:

Gianluigi Passaro, “Il disegno narrativo condiviso. Disegnare e raccontare nella psicoterapia con i bambini”, Armando Editore, 2017

Featured image credits: Shutterstock

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