“La religione non nasce come adattamento evolutivo finalizzato alla cooperazione. E’ invece il prodotto emergente di preesistenti funzioni cognitive del cervello. Fra religione e moralità il legame è complesso, ma non necessario”… Lo sostengono Ilkka Pyysiainen dell’Helsinki Collegium e Marc Hauser della Harvard University in uno studio in press su Trends in Cognitive Sciences (Pyysiainen I, Hauser M, The origins of religion…, Tr Cog Sci, Feb 8, 2010).

Sulla questione delle “origini della religione” due sono le ipotesi che vanno per la maggiore in questo momento… Quella dell’adattamento evolutivo per la cooperazione e quella del “by-product” dello sviluppo di preesistenti funzioni cognitive. Tutti sembrano comunque trovarsi d’accordo sul “fatto” che il perno stia nel cervello…

Esplorando i collegamenti sussistenti fra sentimento religioso e senso morale, indagati da numerose ricerche sperimentali, nel nuovo studio Hauser e Pyysiainen mettono in evidenza che le persone non mostrano differenze sostanziali nei giudizi morali su dilemmi etici non familiari, indipendentemente dalla propria disposizione religiosa. I giudizi intuitivi di “giusto” e “sbagliato” sembrano infatti operare senza riferimento alcuno alla religiosità o meno del soggetto.

In ogni modo, Hauser precisa che “anche se la cooperazione è resa possibile da meccanismi mentali non specifici per il sentimento religioso, la religione può avere un ruolo nella facilitazione e nella stabilizzazione della cooperazione fra gruppi”.

“Il rapporto fra religione e morale è complesso – ammette il ricercatore di Harvard – In molte culture infatti la religione è diventata la modalità standard di concettualizzare le intuizioni morali. Anche se la relazione fra religione e morale non è un legame necessario, molte persone sono talmente abituate ad associare i due domini che la critica alla religione viene da questi vissuta come minaccia fondamentale alla loro esistenza morale”.