L’ossitocina è in grado di influire in qualche modo sullo stato ipnotico? Sembra di sì, secondo i dati sperimentali presentati dai ricercatori Bryant e Hung in un recente articolo apparso su Plos One con un titolo estremamente accattivante: “Oxytocin Enhances Social Persuasion during Hypnosis”. Oltre questi dati, tuttavia, è difficile concludere… La relativa riflessione psicologica resta, ancora, puramente speculativa.
L’interazione tra ossitocina e ipnosi, seppur evidente a livello sociale, non è infatti chiara a livello comportamentale, sostanzialmente poiché l’influenza biologica dell’ossitocina sul livello comportamentale è varia e davvero complessa. Inoltre l’ipnosi non è certo riducibile a una forma di “persuasione”. È un punto fermo per gli addetti ai lavori il fatto che l’ipnosi possa difficilmente motivare il soggetto a compiere azioni contrarie al suo costume. D’altra parte l’efficacia del “suggerimento” ipnotico è anche funzione dell’instaurarsi di un particolare rapporto di fiducia tra chi ipnotizza e chi viene ipnotizzato (c.d. “rapport”).
Ora l’idea generale che emerge dallo studio è che, poiché l’ossitocina è un ormone noto per la sua potenzialità nello stimolare fiducia, empatia e socialità verso l’altro, il rapporto ipnotico possa essere favorito proprio da questo tipo di sostanza. Gli Autori hanno di fatto trovato che soggetti ipnotizzati a cui era stata somministrata ossitocina, rispetto a controlli placebo, erano poi, dopo, più propensi ad assecondare con il loro comportamento le suggestioni ricevute dall’ipnotizzatore. E ciò, nonostante le suggestioni spingessero il soggetto verso comportamenti socialmente sgraditi, come imprecare o danzare fuori contesto. Questo relativamente al dato di fatto sperimentale.
Sorgono, però, una serie di interrogativi e punti critici se si cerca di spiegare il fenomeno o di trarre, da esso, delle generalizzazioni. Vediamoli. Innanzitutto non sono chiari i meccanismi comportamentali responsabili dell’influenza dell’ossitocina sull’efficacia del suggerimento ipnotico. Una vasta letteratura si è occupata, negli ultimi quindici anni, e tutt’ora si occupa, di chiarire il ruolo dell’ormone ossitocina nel comportamento e nella cognizione sociale. Lo stimolo maggiore a questo tipo di ricerca è dovuto alla speranza di poter arrivare a comprendere le basi neurochimiche della socialità nell’uomo, speranza motivata dai pregressi risultati della ricerca sugli animali.
Gli effetti dell’ormone sono stati trovati e studiati soprattutto in queste due aree: la cognizione sociale e il comportamento prosociale. Sappiamo che l’ossitocina facilita il processo di nascita e allattamento, media il comportamento materno di cura, il legame di coppia e altre attitudini “prosociali” come la fiducia, l’altruismo e la generosità; facilita la “lettura della mente”, aumenta la memoria per le identità sociali e lo sguardo verso la regione degli occhi altrui. L’ossitocina, inoltre, riduce le risposte di stress e ansia.
Detto questo, però, dobbiamo anche affermare che la relazione tra ossitocina e comportamento è piuttosto complessa. Ad esempio sappiamo che l’effetto dell’ossitocina sulle attitudini prosociali è sensibile alla variabile del gruppo di appartenenza dell’altro. L’ormone, somministrato a livello centrale, da una parte promuove la cooperazione tra i membri del gruppo cui il soggetto appartiene ma, dall’altra, modula l’etnocentrismo nella forma di un favoritismo selettivo verso i membri del proprio gruppo. Gli effetti prosociali dell’ossitocina sembrano essere, invero, limitati ai membri del gruppo di appartenenza.
Quest’effetto si riscontra anche sul processo di presa di decisione morale. Nel caso dei classici dilemmi morali di Greene (dove al soggetto viene chiesto di scegliere tra uccidere una persona per salvarne cinque e non ucciderla lasciando morire i restanti), il soggetto a cui è stata somministrata ossitocina, per salvare cinque individui non caratterizzati per appartenenza, sceglie più frequentemente di sacrificare un individuo esterno al gruppo (nazionale) rispetto ad un individuo appartenente al proprio gruppo. Recenti studi dimostrano inoltre che l’ossitocina può essere responsabile della riduzione del comportamento prosociale e dell’aumento di scelte definibili antisociali verso membri esterni al gruppo, dove questo possa portare beneficio al gruppo di appartenenza.
In sostanza, quest’ormone, definito “sociale”, sembra mediare un altruismo di tipo “parrocchiale”. Il particolare effetto dell’ossitocina sembra essere il perfetto corrispondente neurochimico del costrutto evoluzionistico dell’altruismo concettualizzato all’interno del modello della selezione parentale. A questo punto non sembra fuori luogo notare come ogni possibile effetto sociale dell’ossitocina sia da mettere in relazione alle sue rilevanti concause dipendenti anche dalla specifica situazione e dalle caratteristiche del soggetto. Un’affermazione come «l’ossitocina media il comportamento prosociale» deve senz’altro essere declinata tenendo conto delle specifiche del soggetto (anche genetiche) e della situazione all’interno della quale si dà il comportamento.
Con queste riserve dobbiamo notare che, nel caso dello studio di Bryant e Hung, non è affatto chiaro se, ad esempio, l’ossitocina abbia favorito la fissazione del suggerimento ipnotico agendo nel senso di una riduzione dell’ansia, oppure di un aumento della fiducia tra ipnotizzato e ipnotizzatore. O ancora se l’ossitocina abbia agito aumentando la sensibilità a uno stimolo sociale come l’aspettativa dello sperimentatore verso i comportamenti suggeriti durante l’ipnosi.
Un secondo punto critico rilevante è rappresentato dal tipo di comportamenti suggeriti. Di fatto imprecare e ballare potrebbero non essere affatto considerati antisociali o indesiderabili nel contesto dell’esperimento. Ovvero il contesto sperimentale potrebbe aver determinato una riconfigurazione cognitiva di ciò che è accettabile e inaccettabile. Per di più non dovremmo dimenticare che si tratta al massimo di violazioni di norme sociali, e non morali.
Infine, oltre al disturbo dovuto alla situazione fittizia determinata dal contesto sperimentale, scarsamente valida da un punto di vista ecologico, dobbiamo considerare lo stesso contesto ipnotico come un ostacolo a qualsivoglia generalizzazione del risultato della persuasione dell’ormone in contesti non ipnotici. Sarà interessante, allora, seguire il dibattito che questo studio riuscirà a stimolare fra quanti l’ipnosi la utilizzano quotidianamente nel contesto clinico e terapeutico. Ma qui lasciamo la parola agli addetti ai lavori…
Francesco Margoni
References:
- Bryant, R. & Hung, L. (2013) Oxytocin Enhances Social Persuasion during Hypnosis. Plos ONE 8(4): e60711 (link)
- Bartz, J., Zaki, J., Bolger, N., Ochsner, K. (2011) Social effects of oxytocin in humans: context and person matter. Trends in Cognitive Sciences. 15(7); pp. 301-309 (link)
- Mozzoni, M., La psicoterapia ipnotica, un accenno per iniziare, BRAINFACTOR, 13/4/2013 (link)
- Margoni, F., Etnocentrismo e ossitocina, BRAINFACTOR, 29/3/2013 (link)
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