“I neuroni specchio non esistono proprio, tanto nell’uomo, quanto nella scimmia”. A sostenerlo è Paolo Pascolo, docente di bioingegneria all’Università di Udine, in una dichiarazione alla stampa.
Il ricercatore friulano, dalle pagine del Gazzettino, ribadisce peraltro quanto già affermato in uno studio pubblicato su Rivista Medica nel dicembre 2008, “molto prima che i ricercatori dell’Università di Trento rendessero note le loro posizioni alla stampa”. I friulani si sentono infatti un poco “beffati dai colleghi trentini, che, giunti a conclusioni simili ma ‘con un passetto in meno’, hanno rese note le loro posizioni ai mezzi di comunicazione di massa a maggio, ossia parecchi mesi dopo che Pascolo aveva pubblicato le sue ricerche”. Paolo Pascolo, che è anche rappresentante italiano dell’European Enhanced Vehicle-safety Committee (EEVC), ha iniziato a interessarsi ai neuroni specchio nell’estate del 2008, “in prospettiva di mettere a punto un innovativo sistema di guida sicura… Ma i conti non tornavano”.
La critica che Pascolo muove alla teoria dei mirror neurons si può riassumere così: “se una persona per comprendere un’azione deve mettere in moto dei neuroni, a posteriori, arriverà sempre in ritardo, magari di qualche millesimo di secondo, ma pur sempre in ritardo”. L’esempio portato dal professore friulano risale alla notte del 17 aprile 1967, quando Nino Benvenuti (pugile triestino…) strappava al Madison Square Garden di New York la cintura di campione mondiale dei pesi medi a Emile Griffith, scansando un “sinistro” micidiale con un tempo di reazione di soli 16 centesimi di secondo. Benvenuti avrebbe intuito l’intenzione dell’avversario “prima che Griffith caricasse il braccio e il pugno”, probabilmente dall’osservazione della posizione dei piedi e del caricamento del peso del pugile americano; dunque, “non si tratta di specchiare un bel niente, ma piuttosto di fare tesoro dell’eseperienza”. Altro esempio, i soli 15 centesimi di secondo che separano il colpo di pistola (start) dallo scatto di un velocista sarebbero dovuti “non a un sistema a specchio, ma a una normale reazione in due tempi: percezione e reazione”.
Secondo Pascolo inoltre le debolezze della teoria dei neruoni specchio starebbero anche nel fatto che dei circa 400 studi pubblicati sull’argomento “una parte non trascurabile è ascrivibile agli stessi autori (della teoria – NdR)”; inoltre “le procedure di misurazione, eseguite oltretutto su delle scimmie, sono inadeguate”: i sostenitori della teoria mirror nutrirebbero “un’eccessiva fiducia nel dato misurato”, ma “da una misura non è sviluppabile una teoria”. Infine, “se fosse vera la teoria dei neuroni, al momento in cui una serie di queste cellule morisse o non funzionasse dovremmo perdere memoria di un pacchetto di esperienze, cosa che invece non accade”.
E il “passetto in meno” di Caramazza e colleghi dove starebbe? Nel fatto che i ricercatori trentini sono comunque propensi a ritenere i neuroni specchio, seppure non validabili nell’uomo, dimostrabili nelle scimmie. “Temo che l’errore stia alla radice: i neuroni specchio in quanto tali non esistono”, conclude in una battuta il professore di Udine.
Domani pubblicheremo in esclusiva una intervista di BrainFactor al prof. Paolo Pascolo.
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