L’empatia e i modi dell’emozionarsi secondo l’approccio cognitivo neuropsicologico. Dal sentirsi al racconto di sé: differenze tra personalità inward e outward

Secondo l’approccio cognitivo neuropsicologico, in accordo con il secondo post-razionalismo, il senso di stabilità personale viene mantenuto a partire dalle due polarità di un continuum ontologico – inwardness e outwardness – che danno origine a due diversi modi di emozionarsi. Da una parte un modo di emozionarsi che origina perlopiù dalla focalizzazione su pattern di attivazione viscerale, dall’altra un modo di sentirsi perlopiù attraverso la centratura sull’alterità.

Nei soggetti inward, nei quali l’esperienza viene afferrata prevalentemente a partire dalla visceralità, il significato della situazione in corso co-occorre con l’attivazione di emozioni basiche. Nei soggetti outward, nei quali il sentirsi origina prevalentemente a partire dalla centratura sull’alterità (focalizzazione sul contesto, sulla situazione, sulle persone), il significato della situazione in corso co-occorre prevalentemente con l’attivazione di emozioni non-basiche. Poiché l’identità narrativa consegue più o meno coerentemente con i modi dell’emozionarsi, lo scopo di questa ricerca è valutare come vari il racconto di sé in soggetti inward e outward a partire da una condizione sperimentale che eliciti sentimenti di empatia.

Questo lavoro sperimentale rappresenta la prosecuzione di uno studio preliminare del 2009 dal quale è emerso che i soggetti outward si dimostrano più sensibili alle emozioni dell’altro proprio in virtù della loro spiccata tendenza a sentirsi emotivamente situati a partire dal contesto (Detti et al.,  2012; Liccione D. et al., 2009). Si ipotizza che i soggetti outward, in quanto maggiormente sensibili all’esser-ci dell’altro, forniscano un racconto di sé maggiormente influenzato dal contesto rispetto ai soggetti che si “sentono” e che si definiscono primariamente a partire dalla focalizzazione sull’attivazione viscerale (inward).

L’empatia: sentirsi a partire dall’altro

Nell’ambito delle scienze cognitive, la Theory of Mind è ancora oggi il modello esplicativo maggiormente condiviso per rendere conto di come gli esseri umani si comprendano nei loro modi di essere (Gallagher & Zahavi, 2009). Secondo l’impostazione epistemologica che ne è alla base, possiamo dire che l’empatia si configura primariamente come la capacità di attribuire stati mentali agli altri individui.

Al contrario, secondo la tradizione ermeneutico-fenomenologica, l’empatia va compresa non come rapporto mente a mente, bensì alla luce della relazione triadica Io-mondo-altro (Costa, 2010). In quest’ottica la nostra esperienza è carnalmente sempre un’esperienza di Sé con Altri nel mondo, e l’esperienza dell’altro non viene colta per analogia o attraverso una riflessione astratta bensì, innanzitutto e perlopiù, attraverso la comprensione della posizione dell’Altro nel mondo condiviso (posizione).

Di conseguenza, empatizzare non è una possibilità ma è un presupposto ontologico dell’essere umano la cui esistenza (sentirsi) non può prescindere dall’incontro con l’altro. Parafrasando Heidegger, l’altro è sempre costitutivo del nostro esser-ci: «L’esserci in quanto siffatto essere-nel-mondo è contemporaneamente un essere-l’uno-con-l’altro, un essere con altri […] un incontrarsi l’un l’altro, un essere l’uno con l’altro nel modo d’essere-l’uno-con-l’altro» (Heidegger, 2008, p. 32).

Come insegna Ricoeur, è a partire dalla trascendenza dell’esser-ci come essere gettato-con che il racconto può afferrare l’esperienza vissuta in termini narrativi e generare il significato del personaggio che si è. Questa è l’identità narrativa. Appare quindi evidente che non solo il sentirsi ma anche il racconto di sé (identità narrativa appunto) verrà a declinarsi anche a partire dai modi dell’incontro con l’altro.

Il disegno sperimentale

Il campione

Il campione si compone di 36 soggetti, 18 inward e 18 outward. L’età media è 24.4, DS 3.43, range 20-31. La suddivisione del campione lungo la polarità inwardenss-outwardness è avvenuta tramite compilazione del QSP-Questionario per la valutazione dell’Organizzazione di Significato Personale (Picardi et al, 2003).

Ognuno dei due gruppi è stato suddiviso in due sottogruppi; 9 soggetti vengono invitati ad osservare un video ad alto contenuto empatico (gruppo sperimentale) mentre i restanti 9 visionano un video neutro (gruppo di controllo). Successivamente si procede all’analisi dell’empatia autoriferita tramite la somministrazione della sottoscala Personal Distress (PD) dell’IRI-Interpersonal Reactivity Index- (Davis, 1980).

Questa sottoscala misura sentimenti di paura, apprensione e sconforto percepiti soggettivamente a fronte dell’esperienza negativa dell’altro. Un esempio di item è: “Essere in una situazione emotivamente tesa mi spaventa” o “Tendo a perdere il controllo durante le emergenze”.

Gli stimoli

La situazione sperimentale prevede un video ad altro contenuto empatico che riguarda una bambina appesa a un cornicione in un’evidente situazione di pericolo; nella ricerca preliminare (Detti et al., 2012) si è rilevato che i soggetti tendono ad associare a questo filmato emozioni di angoscia, agitazione, ansia, apprensione, paura e timore. Il video neutro, al contrario, riprende una scena di normale vita quotidiana alla quale non viene attribuita alcuna emozione di rilievo (si tratta di una scena di acquisti in un mercato cittadino) (Detti et al., 2012).

I risultati

I punteggi emersi dalla compilazione della sottoscala PD dell’IRI confermano le evidenze fornite dalla ricerca di Liccione e collaboratori (Liccione D. et al., 2009) in cui veniva registrata una correlazione positiva tra livello di outwardness e quello di personal distress (r =.741, p<.001). Ma l’aspetto di maggior interesse emerge dal confronto delle differenze del modo di descriversi a partire dal tipo di video precedentemente somministrato.

Nel gruppo outward, il sottogruppo sperimentale (quello che ha osservato il video target) registra punteggi significativamente più alti nella scala PD rispetto al sottogruppo outward che ha visionato il video neutro (t=2.92; α=0.01). Questa differenza non è significativa all’interno del gruppo inward (il sottogruppo sperimentale inward non presenta differenze significative nella scala PD rispetto al sottogruppo di controllo inward).

Il video target è stato utilizzato proprio perché favorisce l’emergere di sentimenti di angoscia, agitazione, ansia, apprensione, paura e timore; questo tipo di emozioni non sembrano aver influito sui livelli autoriferiti di personal distress nel gruppo inward, mentre sembrano essere associati all’aumento dei livelli di personal distress riferiti dal gruppo outward.

In altri termini, il contesto influenza in modo significativamente maggiore il modo di descriversi in tutti i soggetti che mantengono il proprio senso di stabilità personale prevalentemente a partire da una focalizzazione sull’esterno. Al contrario, i soggetti che sono maggiormente inclinati a generare il senso delle proprie esperienze indirizzando l’attenzione sulle modificazioni viscerali, risultano meno influenzabili dal contesto e maggiormente polarizzati su tratti stabili di sé.

Conclusioni

Il lavoro sperimentale, qui presentato con estrema sinteticità, rappresenta una ulteriore conferma empirica circa le differenti modalità dell’emozionarsi rintracciabili all’interno del continuum inward-outward. I soggetti la cui ipseità tende ad emergere attraverso più alti livelli di co-percezione (outward) manifestano una maggior sensibilità all’esperienza altrui e, di conseguenza, maggiori livelli di empatia. Per queste ragioni, l’identità narrativa, ovvero la capacità di declinare in racconto il proprio fluire esperienziale all’interno di una cornice temporale di senso, nei soggetti outward risulta maggiormente influenzata dal contesto (Allegri et al., 2011). In altre parole, è chiaro che se il proprio sentir-si emotivamente situati prevede una spiccata focalizzazione sull’altro, i soggetti outward presenteranno una più repentina variabilità del proprio avvertirsi e, conseguentemente, una maggiore elasticità nel modulare il proprio racconto autobiografico.

Dott. Diego Liccione
Università degli Studi di Pavia
Scuola Lombarda di Psicoterapia
Istituto di Psicoterapia Post-razionalista di Roma

Prof. Davide Liccione
Università degli Studi di Pavia
Scuola Lombarda di Psicoterapia

Dott. Filippo Tadiello
Università degli Studi di Pavia

Dott. Nicola Allegri
Università degli Studi di Pavia
Scuola Lombarda di Psicoterapia

Prof.ssa Silvia Figini
Università degli Studi di Pavia

Riferimenti Bibliografici:

  1. Allegri, N., Caserio, V., Maffeis, E., Ricevuti, G., Govoni, S., Vecchi, T. and Liccione, D. (2011). A narrative review on assessment of pain in dementia patients. European Journal of Pain Supplements, 5: 507.
  2. Arciero G. & Bondolfi G. (2009). Selfhood, Identity and Personality Styles. New York: John Wiley & Sons.
  3. Arciero G. (2006). Sulle tracce di Sé. Torino: Bollati Boringhieri.
  4. Davis, M. H. (1980). A multidimensional Approach to Individual Differences in Empathy. JSAS Catalog of Selected Documents in Psychology, 10, pp. 85.
  5. Detti, A. et al (2012). Poster presentato al Convegno Scientifico Internazionale di Neuroetica: Le neuroscienze tra spiegazione della vita e cura della mente (IV Ed.) “Emotions and personality styles: empathic engagement during the processing of emotional visual stimuli” (Padova, 9-11 maggio 2012).
  6. Gallagher, S., & Zahavi, D. (2009). La mente fenomenologica. Milano: Raffaello Cortina.
  7. Heidegger, M. (2008). Il concetto di tempo. Milano: Adelphi.
  8. Liccione D. (2012). Casi Clinici in Psicoterapia Cognitiva Neuropsicologica. Libreria universitaria Editore, Limena (PD).
  9. Liccione D. (2012). Il cervello qualitativo. Brainfactor. Vol. 4, Issue: 1, Pages/record No. 017. ISSN: 20357109.
  10. Liccione D. (2011). Psicoterapia Cognitiva Neuropsicologica. Bollati Boringhieri, Torino.
  11. Liccione D., Busseti J., Liccione Di., Pazzaglia R., Sartirana S., Allegri N. (2009). Empathy, Outwardness and empathy personal distress: a pilot study. Enactive Intersubjectivity, ISBN: 978-88-6101-005-5.
  12. Liccione D. E. (2012). Il primo colloquio. In: Liccione D. (2012). Casi Clinici in Psicoterapia Cognitiva Neuropsicologica. Libreriauniversitaria Editore, Limena (PD)
  13. Petesi, M., Brambilla, M., Caserio, V., Allegri, N., Vecchi, T. and Liccione, D. (2011). The role of non pharmacological intervention in the treatment of neuropathic pain and depression: A review. European Journal of Pain Supplements, 5: 509.
  14. Picardi A., et al (2003). Costruzione e validazione del QSP, uno strumento per la valutazione dello stile di personalità secondo la teoria delle “organizzazioni di significato personale”. Rivista di Psichiatria, 38,13-34.
  15. Ricœur, P. (2005). Sé come un altro. Como: Jaca Book.

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