L’efficacia terapeutica dell’ecstasy (MDMA) nei disturbi d’ansia

molecola di mdma (ecstasy)L’MDMA (ecstasy) può avere effetti terapeutici su persone che soffrono di disturbi d’ansia, in particolare di disturbo post traumatico da stress (DPTS), stimolando in loro un senso di maggiore sicurezza nella rielaborazione dei ricordi legati all’evento drammatico. La ricerca, condotta da Pal-Orjan Johansen e Teri Krebs, della Norwegian University of Science and Technology di Trondheim, e finanziata dal Research Council of Norway, è pubblicata in forma di razionale neurobiologico sul Journal of Psychopharmacology (PO Johansen and TS Krebs, How could MDMA (ecstasy) help anxiety disorders? A neurobiological rationale, Journal of Psychopharmacology, March 9, 2009).

L’approccio tradizionale ai pazienti con disturbo post traumatico da stress (DPTS) consiste generalmente nella terapia cd. di “esposizione allo stimolo”, durante la quale il paziente è invitato a richiamare ripetutamente alla memoria l’esperienza traumatica o esposto a situazioni sicure ma scatenanti i vissuti traumatici, in un processo di riapprendimento delle risposte appropriate di fronte alla situazione scatenante (processo di “estinzione”). Il problema principale di questa terapia è che richiede tempi lunghi e non produce gli effetti attesi sul 40% dei pazienti trattati.

E’ per questo che i ricercatori norvegesi hanno studiato il possibile utilizzo di farmaci volti a potenziare l’effetto terapeutico dell’esposizione allo stimolo: fra questi, l’MDMA (3,4 metilenediossimetamfetamina, “versione farmaceutica dell’ecstasy”, come sottolineano gli autori nello studio) è risultato efficace. Studi precedenti avevano già dimostrato l’utilità dell’MDMA nel trattamento dei disturbi d’ansia in generale, grazie alla capacità di questa sostanza di promuovere il coinvolgimento emotivo, rafforzare la relazione medico paziente (alleanza terapeutica), ridurre l’evitamento emotivo, migliorare la tolleranza del soggetto in trattamento nel processo di richiamo e di rielaborazione dei ricordi dolorosi.

Secondo Johansen e Krebs, l’MDMA (ecstasy) “presenta una combinazione di effetti farmacologici che possono fornire al paziente un equilibrio di emozioni attivatrici e senso di sicurezza e controllo, grazie al suo meccanismo di azione consistente nell’incremento della liberazione dell’ormone ossitocina, che stimola fiducia, empatia, vicinanza sociale, tutti elementi che possono consolidare l’alleanza terapeutica medico paziente, necessaria per il trattamneto efficace del disturbo. Inoltre l’MDMA agisce sul cervello inibendo la reazione automatica di paura mediata dall’amigdala e aumentando il controllo emotivo mediato dalla corteccia prefrontale ventromediale, consentendo dunque la rielaborazione dei ricordi traumatici. L’MDMA infine aumenta la liberazione nell’organismo di altri due ormoni, la noradrenalina e il cortisolo, conosciuti per avere un ruolo essenziae nell’apprendimento emotivo, elemento importante del processo terapeutico di estinzione. Dunque, una terapia integrata può essere promettente”.

Johansen è direttore di Evidence Knowledge Exchange (www.evidence.no)

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Marco Mozzoni
Direttore Responsabile

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