Le scimmie intelligenti di Harvard

Le scimmie intelligenti di Harvard.Anche i primati non umani sarebbero caratterizzati da variazioni intraspecifiche individuali di intelligenza. Lo ha scoperto un gruppo di ricerca americano coordinato dalla Harvard University. Lo studio è pubblicato su Plos One (Banerjee K et al, General Intelligence in Another Primate: Individual Differences across Cognitive Task Performance in a New World Monkey, Plos One, June 2009).

Nel corso di una valutazione ampia delle capacità cognitive dei Tamarini (Saguinus oedipus, detti anche Cotton-Top Tamarin, una particolare specie di primati non umani), i ricercatori guidati da Konika Banerjee di Harvard, hanno rilevato che i soggetti studiati potevano essere divisi in tre gruppi, corrispondenti a tre differenti livelli di performance (alta, media, bassa performance), sulla base del punteggio di intelligenza generale ottenuto.

“L’intelligenza generale (g) è un indicatore della cognizione umana, spesso interpretato come QI. Lo studio dell’effetto di ‘g’ nei primati può fare luce sull’evoluzione dell’intelligenza generale umana”, ha dichiarato la Banerjee in una nota stampa. “Nella nostra ricerca, infatti, una proporzione significativa della variazione misurata può essere ascritta a qualcosa che assomiglia molto all’intelligenza generale umana, altrimenti conosciuta come ‘fattore g’; in altre parole, sembra che i Tamarini abbiano qualcosa di molto simile alla nostra intelligenza generale”, ha spiegato la Banerjee.

Lo studio di Harvard è il primo ad avere esaminato le differenze cognitive individuali all’interno di una stessa specie, mentre le ricerche precedenti avevano considerato soltanto variazioni di prestazioni cognitive fra specie diverse di primati.

L’intelligenza generale rappresenta il grado di correlazione positiva delle performance individuali in diversi compiti di un test di intelligenza. Banerjee e colleghi hanno torvato che ‘g’ poteva spiegare il 20% della variabilità di performance dei Tamarini esaminati, mentre il restante 80% era dovuto a circostanze ambientali o specifiche del test.

Senza proporre comparazioni sistematiche, i ricercatori fanno notare che il fattore ‘g’ umano spiega dal 40% al 60% della variabilità di performance individuale ai subtest del QI. L’ipotesi degli scienziati di Harvard è che proprio l’aumento della magnitudo di ‘g’ possa rappresentare lo scarto evolutivo fra umani e agli altri primati, che ci rende “l’unica specie capace di combinare pensieri da differenti domini di conoscenza per creare nuove rappresentazioni del mondo”.

Tecnicamente, lo studio della Banerjee è stato condotto su 22 Tamarini a cui è stata somministrata una batteria di test ad hoc per primati non umani, composta da 11 compiti, volti a valutare altrettante funzioni cognitive nell’animale, fra cui la memoria di lavoro, il controllo esecutivo, la velocità di elaborazione delle informazioni, il controllo inibitorio.

I ricercatori auspicano che in futuro batterie simili specificamente dedicate a testare le capacità ognitive dei primati non umani possano venire standardizzate per studi sistematici dell’intelligenza di questi animali.

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Marco Mozzoni
Direttore Responsabile

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