Le basi genetiche dell’effetto placebo nei disturbi d’ansia

amygdalaIl “placebo” è in grado di produrre effetti benefici a partire da sostanze prive di principi attivi, effetti che non sono distinguibili da quelli ottenuti con terapie farmacologiche. Per la prima volta è stato collegato l’effetto placebo a un gene, il triptofano idrossilasi-2 (TPH-2) che controlla la sintesi della serotonina che, a sua volta, svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del tono dell’umore e dell’emotività.

La scoperta si deve a un gruppo di ricercatori dell’Università di Uppsala (Svezia), coordinati da Tomas Furmark, che ha pubblicato i risultati dello studio su The Journal of Neuroscience (Tomas Furmark, Lieuwe Appel, Susanne Henningsson, Fredrik Åhs, Vanda Faria et al. A Link between Serotonin-Related Gene Polymorphisms, Amygdala Activity, and Placebo-Induced Relief from Social Anxiety, J. Neurosci. 2008).

I ricercatori, impiegnado tecniche di neuroimmagine funzionale, hanno esaminato i correlati neurali alla riduzione dei livelli d’ansia conseguenti al trattamento con placebo in pazienti affetti da ansia sociale. L’attività cerebrale dei pazienti veniva valutata in condizioni di stress durante un discorso pubblico attraverso la tomografia ad emissione di positroni (PET), prima e dopo aver ricevuto un trattamento per un periodo di 8 settimane. I pazienti erano distinti secondo il polimorfismo nel trasportatore della serotonina (5-HTTLPR) e il polimorfismo G-703T del gene triptofano idrossilasi-2 (TPH2).

I risultati della sperimentazione a doppio cieco hanno mostrato che la risposta al trattamento placebo era associata a una ridotta attività dell’amigdala, regione cruciale per l’elaborazione delle emozioni. Tuttavia, la ridotta attività dell’amigdala si riscontrava solo in quei pazienti caratterizzati da due copie della variante G del gene TPH2. In pratica il polimorfismo del gene TPH2 sarebbe un predittore significativo della risposta al placebo e sarebbe associato a miglioramenti significativi dei sintomi ansiogeni. Per la prima volta si dimostrerebbe quindi il collegamento tra la modulazione serotonergica dell’attività dell’amigdala e i benefici ottenuti con un trattamento placebo.

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