I disturbi cognitivi lievi (MCI) in età adulta possono essere prodromici dello sviluppo di demenza in età avanzata e possono predire il tasso di mortalità dei soggetti. L’identificazione dei fattori di rischio per MCI risultano allora di estrema importanza, a fine preventivo della salute del cervello. Uno studio di Marianna Virtanen del Finnish Institute of Occupational Health di Helsinky, pubblicato in modalità open access sull’American Journal of Epidemiology (M. Virtanen et al., Long Working Hours and Cognitive Function, Am J Epid, Vol. 169, N. 5, 2009), dimostrerebbe che lavorare per troppe ore al giorno può avere un effetto negativo sulle prestazioni cognitive in età adulta e predisporre alla demenza.
Le scoperte dei ricercatori finlandesi hanno significatività clinica e mostrano differenze sostanziali di funzionamento cognitivo fra persone che lavorano per troppe ore al giorno e lavoratori che rispettano orari normali, differenze simili per magnitudo all’influsso della variabile fumo, uno dei fattori principali di rischio per demenza.
I dati analizzati derivano da uno studio prospettico su 2.214 persone, impegate a tempo pieno, sottoposte a una batteria di test cognitivi, in due fasi, una di baseline, una di follow-up, composta da test specifici di valutazione della memoria a breve termine, test di ragionamento (Alice Heim 4-I), test di vocabolario (Mill Hill), test di fluenza fonemica, test di fluenza semantica.
Comparati con persone con tempi lavorativi massimi di 40 ore settimanali, i lavoratori che superavano le 55 ore mostravano prestazioni inferiori soprattutto nei test di vocabolario, sia alla baseline che al follow-up. Lo studio ha anche dimostro che lunghe ore lavorative risultano predittive di un declino delle prestazioni dei soggetti ai test di ragionamento (Alice Heim 4-I).
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