Che cos’è la trance ipnotica? Le neuroscienze stanno gettando sempre maggiore luce sui processi cerebrali che avvengono “a nostra insaputa”, al di sotto della soglia di consapevolezza o ancora prima di avere coscienza di prendere una “libera” decisione… Con questo primo contributo di Ambrogio Pennati, medico psichiatra e psicoterapeuta, docente di psicoterapia ipnotica e psicopatologo forense, inauguriamo la nuova sezione di BrainFactor dedicata a “Ipnosi e neuroscienze”.
“Se vogliamo studiare il problema della verità e della falsità sarà opportuno considerare le forme di linguaggio primitive. Allora si dissolve la nebbia mentale. Vediamo attività, reazioni, che sono nette e trasparenti” (L. Wittgenstein, 1935).
La prospettiva evoluzionista, sia pur lentamente e non senza difficoltà e critiche di vario genere (1, 8), sta lentamente prendendo piede anche nell’ambito dello studio del comportamento umano. Il presente contributo intende essere uno dei primi approcci allo studio dei fenomeni ipnotici secondo tale prospettiva.
La psicologia evoluzionistica
La prospettiva evoluzionista trova la sua primaria collocazione nell’ambito biologico, per poi estendere le sue osservazioni ai comportamenti del singolo organismo, della popolazione alla quale questi appartiene e della loro interazione. E’ forse utile ribadire che evoluzionismo non significa genetica, che genetica non significa ineluttabilità e cieco determinismo, che non sussiste antagonismo, ma cooperazione ed integrazione, fra ruolo dei geni e ruolo dell’ambiente nel determinare le modalità di sviluppo, di sopravvivenza e di riproduzione di un organismo (8).
Giova sottolineare che lo studio del comportamento umano è stato, paradossalmente, pochissimo influenzato dall’evoluzionismo, sia nelle primarie declinazioni darwiniane che nelle successive relative elaborazioni. Di contro, quasi paradossalmente, altre scienze (quali la fisica, meccanica e/o quantistica, la teoria della comunicazione, la teoria dei sistemi, lo strutturalismo, la linguistica, la logica, la cibernetica, la sociologia) hanno esercitato influenze enormemente superiori sulle scienze “psi” (9).
Infatti, secondo molti Autori, per anni lo studio del comportamento umano si è sviluppato partendo dal paradigma che la mente umana fosse una tabula rasa (“blank slate”, nel linguaggio dei primi Autori) che l’ambiente, e soprattutto la cultura vista come una sorta di superorganismo, plasmava in tutti i suoi aspetti fondamentali. Tale paradigma viene definito “Standard Social Science Model” (SSM) (9).
Per quanto il dibattito su quale comportamento differenzi il genere homo dagli animali (più nello specifico, dai primati superiori) sia ovviamente destinato a durare molto a lungo, certamente la capacità di imitare (e di apprendere per imitazione) è dagli evoluzionisti considerata una caratteristica che sembra discriminare la nostra specie di appartenenza dalle altre (1).
Per gli evoluzionisti il genere homo, lungi dall’essere un mero agglomerato proteico finalizzato solo alla sua sopravvivenza e alla sua riproduzione (e per questi tramiti alla replicazione dei suoi acidi ribonucleici), ha la connotazione di essere un portentoso strumento di replicazione e diffusione di unità di informazione, chiamate “memi”.
I memi, come i geni, sono soggetti alla selezione naturale: evolvono in quanto spinti dalla selezione naturale che facilita la replicazione dei più adatti all’ambiente ed inibisce quella dei meno adatti. Il genere homo veicola più (in quantità e qualità) memi in quanto in grado di imitare meglio di altri organismi: la diffusione dei memi nel genere homo sapiens è più efficace ed efficiente. E come i geni, anche i memi sono soggetti alla selezione naturale: si replicano meglio quelli che generano nel soggetto maggiore disponibilità alla loro diffusione (garantendo al soggetto migliori probabilità di sopravvivenza e riproduzione), che dipende anche dalla efficienza del meme nel mettersi in condizione di essere appreso, imitato, veicolato.
Ricordiamo che secondo molti studiosi l’uomo si è evoluto, sino alla rivoluzione industriale, all’interno di comunità composte per lo più da 50-150 persone, fra di loro unite da vari gradi di parentela. Lo studio della dinamica delle popolazioni evidenzia che superato i numero di 150 per gemmazione producono altre comunità che colonizzeranno altri territori entrando in competizione con le altre e così via. Quando si parla di analisi evoluzionista si parla spesso del singolo organismo e/o del singolo individuo, ma non solo; ci si pone spesso dal punto di vista dei replicatori (geni e memi) e si può osservare il comportamento del soggetto all’interno della comunità rappresentata dalla condivisione genetica (biologica) e memetica (culturale) che i vari individui hanno fra di loro. Per molti Autori i geni ed i memi trascendono l’individualità e sono meglio comprensibili analizzando i vari tipi di relazione che i singoli organismi adottano (1).
Allo stato attuale l’approccio evoluzionista allo studio del comportamento umano, staccatosi con fatica dalla primaria radice della cosiddetta sociobiologia (generata dallo studio delle dinamiche di popolazione partendo da un punto di vista genetico), si sta vieppiù consolidando grazie a ricerche di notevole potere euristico ed applicativo. Siamo ancora in fase adolescenziale della disciplina, quella della definizione dei concetti che dovranno integrarsi in un modello. Non vi sono applicazioni pratiche in campo clinico (non esiste, ad esempio, una psicoterapia evoluzionista, se mai potrà esistere), ma la messe di dati che l’approccio evoluzionista sta generando appare quantitativamente e qualitativamente sorprendente, come ad esempio nel campo dello studio della formazione della personalità, dei legami parentali, del comportamento sessuale ed economico (1,10).
Il valore evolutivo della trance
Lo stato modificato di coscienza definito “trance” è soggetto a numerose descrizioni, e pressoché infiniti sono i dibattiti su cosa sia davvero e su quanto sia riproducibile e misurabile. Possiamo, in questo contesto, definirlo come il campo di probabilità nel quale si verificano determinati fenomeni fra di loro più significativamente associati che non in altri stati. Questi fenomeni sono i seguenti (5,6):
- il ruolo di controllo della coscienza è per lo più indebolito, mentre viene elicitata la spontaneità dei comportamenti (nella lettura “neodissociativa” si verificherebbe, per l’appunto, una dissociazione funzionale fra l’executive self e il monitoring self, per quanto secondo Hilgard permanga una funziona critica residua costituita dallo “hidden observer”);
- le esperienze di trance sono caratterizzate da un’elevata frequenza di comportamenti ideodinamici: le cose avvengono senza che sia necessaria una partecipazione volontaria, anzi, per lo più involontariamente, senza sforzo e senza una logica apparente;
- la logica della trance è paradossale, “fuzzy”: decade il principio di non contraddizione e si adotta uno stile cognitivo inclusivo, senza che si generi egodistonia o disagio soggettivo (“trance logic”);
- la trance sopravviene in numerose, e per lo più naturali e/o socialmente accettate, situazioni;
- movimenti stereotipi e ripetitivi, canti, assorbimento dell’attenzione, bilanciamento/regolazione del tono muscolare evocano facilmente la trance;
- si verifica molto spesso l’esperienza di una estrema focalizzazione (all’interno o all’esterno) dell’attenzione;
- le qualità del tempo (vissuto) sono spesso modificate e del tutto nuove al soggetto e si possono quindi avere progressioni e/o regressioni di età, condensazioni o estensioni del tempo;
- sono frequenti modificazioni delle percezione di vario tipo: allucinazioni positive o negative, illusioni, visioni a tunnel, sinestesie;
- inibizione verbale e/o motoria;
- propensione alla elaborazione metaforica dei contenuti psichici, con autoreferenzialità facilitata;
- modificazioni delle funzioni mnesiche quali amnesie parziali totali o complesse, o ipermnesie;
- fluttuazioni nel coinvolgimento emotivo.
Possiamo definirle caratteristiche antropologiche della trance, presente in tutti i tempi, in tutti i luoghi e in tutte le culture (5, 7). Giova ricordare che Lapassade, il grande studioso dei fenomeni di trance, identifica comunque una costante in questi fenomeni: la dissociazione ideo-motoria. Anche se tale opinione non è unanime nel movimento ipnotico mondiale, la stragrande maggioranza degli studiosi di ipnosi pensa che non si possa parlare di ipnosi propriamente detta senza che si verifichi nel paziente (e forse nell’operatore) lo stato modificato di coscienza definito trance e senza che si instauri tra i due soggetti il cosiddetto “rapport”, ossia una relazione basta su una sintonizzazione emotivo-affettiva pre e metaverbale.
Ricordando come le emozioni primarie (rabbia, disgusto, gioia, stupore, dolore, …) abbiano strutturali fondazioni viscerali e muscolari, molti ricercatori hanno esplorato la possibilità che il sistema dei neuroni a specchio intervenga anche nella genesi dell’esperienza denominata empatia: ed in effetti si è scoperto che l’amigdala, l’insula, la corteccia somatosensoriale umane sono stimolate dalla percezione di emozioni nell’altro – purché appartenente al nostro spazio condiviso – generando in noi analoghe reazioni connesse alla data emozione. Damasio (2) chiama questo il circuito del “come se” , che apre lo spazio anche a sentimenti di trascendenza connessi ad un miglioramento della salute fisica e psichica.
Si può tranquillamente affermare che l’ipnosi è uno dei tanti induttori dello stato di trance, applicato ad una condizione di rapport. L’ipnosi può essere considerata la modalità moderna, illuministica e razionale, occidentale di indurre trance a scopo terapeutico, con procedure a volte anche molto differenti tra di loro. Ciò che la qualifica storicamente come terapia è il fatto che il suo utilizzo viene consentito a figure legalmente e socialmente riconosciute come terapeuti, e che essa viene considerata un fenomeno da studiare scientificamente (3).
Nel modello biopsicosociale di Banyai l’ipnosi (per questa autrice, caratterizzata da uno stato modificato di coscienza oggettivamente e soggettivamente percepita e da una specifica interazione con l’ipnotista) ha uno specifico valore adattativo, che consiste nella modulazione di tensioni psichiche, nella facilitazione di acquisizioni di nuove esperienze grazie appunto al rafforzamento vissuto come sicuro del legame fra due persone che vivono una sintonizzazione affettiva (6).
Per Gilligan (4) la trance è naturalistica, biologicamente essenziale; i suoi scopi sarebbero per lo più sociali. Innanzitutto la conservazione e l’espansione del sentimento di integrità di una autonoma (autoregolata) coscienza del sé, che può collocarsi un livello individuale, diadico, familiare, tribale, ecc. poi la possibile espressione di comportamenti altrimenti proibiti se consapevoli. Può servire, nelle sue connotazioni dissociative, a mettere in atto comportamenti automatici più efficienti di quelli volontario in caso di pericoli imminenti.
Essa riveste anche fondamentali ruoli di incremento della coesione intragruppo quando si celebrano riti comunitari e fornisce ai leader spirituali delle comunità esperienze altrimenti non raggiungibili.
In sintesi si può affermare che gli Autori (pochi, in verità) che hanno studiato la trance con uno spirito evoluzionista non hanno potuto non evidenziare il suo enorme potere adattattivo sul piano biologico, psicologico, sociale, religioso, sia per l’individuo che per la comunità, posto che sul piano dell’analisi evoluzionista la distinzione fra queste due entità sia fondamentale.
References:
1. Buss DM (ed): The Handbook of Evolutionary Psychology. John Wiley & Sons, Inc., Hoboken, New Jersey.
2. Damasio A: Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello, Adelphi, Milano, 2003.
3. Gauld A: A history of hypnotism. Cambridge University Press, 1992.
4. Gilligan SG: Therapeutic trances. Brunner/Mazel, New York, 1987.
5. Jamieson GA (ed): Hypnosis and Conscious States: The Cognitive Neuroscience Perpective. Oxford University Press, 2007.
6. Lynn SJ, Rhue JW: Theories of Hypnosis. Guilford Press, New York, 1991.
7. Michelson LK; Ray WJ: (eds) Handbook of Dissociation. Plenum Press, New York, 1996.
8. Piattelli Palmarini M; Fodor J: Gli Errori di Darwin. Feltrinelli, 2010.
9. Pinker S: The blank slate. Viking Press, New York, 2002.
10. Platek SM, Keenan JP, and Todd K. Shackelford TK (des): Evolutionary Cognitive Neuroscience. The MIT Press, Cambridge, Massachusetts, London, England, 2007
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2010 © BRAINFACTOR Cervello e Neuroscienze
Articolo di Ambrogio Pennati, medico psichiatra, psicoterapeuta, psicopatologo forense – ambrogio.pennati@gmail.com
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