Informazione scientifica: in crisi le testate tradizionali, decolla l’on-line

brainfactorCarta stampata in crisi e anche la divulgazione scientifica soffre. Magari non in Italia, dove la scienza è ancora la cenerentola dell’informazione, se non per quantità, almeno per qualità. Nel mondo anglosassone è invece in corso una significativa transizione dei media tradizionali ai siti internet specializzati. L’ha messo in luce in questi giorni un’inchiesta pubblicata su Nature a firma di Geoff Brumfiel, frutto anche di un sondaggio tra centinaia di giornalisti del settore (G. Brumfield, Supplanting the old media?, Nature, vol. 458, pp. 274-277, March 2009).

Se all’inizio degli anni Novanta ben 95 quotidiani statunitensi avevano una sezione dedicata alla ricerca e alla tecnologia, oggi molti stanno tagliando, compresi i grandi network televisivi.

La Cnn ha chiuso l’anno scorso la sua unità specializzata in scienza e ambiente, mentre è di questi giorni la decisione del Boston Globe (in difficoltà finanziarie) di sospendere l’inserto settimanale che copriva salute e innovazione. I risultati del sondaggio di Nature indicano che il fenomeno è comune anche a Gran Bretagna, Francia e Germania, pur con proporzioni diverse. Aumentano i licenziamenti di giornalisti scientifici e il carico di lavoro per quelli che rimangono nelle redazioni.

Il crollo delle entrate pubblicitarie che sta mettendo in ginocchio la carta stampata induce gli editori a stringere su un settore che è stato “di moda” e che non si può certo considerare marginale neppure oggi, ma che porta scarso ritorno economico. La richiesta di informazione però non diminuisce; anzi, sembra che stia crescendo, soprattutto in termini di qualità e tempestività. E qui entrano in campo siti web e blog.

La tendenza di agenzie di stampa e giornali, accentuata dal fatto che pochi professionisti devono farsi carico del lavoro prima svolto da molte più persone, è infatti quella di fidarsi dei comunicati di università e centri di ricerca, spesso senza approfondimento né lavoro critico. “Cerco di evitare di basarmi soltanto di ciò che arriva bell’e pronto – ha raccontato Mark Henderson, redattore scientifico del Times di Londra –. Quando devi fare quattro servizi in un giorno, non c’è tempo di fare verifiche e se un testo è scritto bene, vi si attinge largamente”.

Lo conferma a BrainFactor Luigi Dell’Aglio, firma di lungo corso del Sole 24 Ore e di Avvenire: “In passato ci si muoveva con le fonti sicure, costituite da studiosi riconosciuti. Ma oggi la fretta e la pressione possono anche indurre a indulgere nel pescare a piene mani da siti e blog. Il fenomeno più interessante che vedo tra quelli legati a alla comunicazione via Internet è però quello della ‘massa critica’. Una notizia, un commento, un filone di ricerca può rimbalzare in rete da un capo all’altro del mondo in poche ore, essere ripreso in tempo reale, essere indicizzato su Google e, quindi, imporsi come qualcosa di cui si deve prima o poi parlare. Anche sui giornali. Non è detto tuttavia che si tratti di un fatto davvero importante. Per questo è importante accertare l’attendibilità di chi scrive sul web”.

Infatti, la novità che emerge dalla ricognizione condotta da Nature è legata all’esplosione delle fonti Internet come risorse per gli stessi giornalisti della carta stampata. Se cinque anni fa solo il 18% dei redattori specializzati traeva spunti e idee dalla Rete, oggi la percentuale sale al 63. D’altra parte, si nota uno spostamento di professionalità verso i siti e i blog. Redattori dei media tradizionali cominciano poi a lavorare a tempo pieno per testate Internet. E anche giovani studiosi sono spesso tentati dalle nuove forme di comunicazione scientifica.

Si deve qui distinguere tra i blog personali di alcuni ricercatori, che mettono sul web resoconti e anticipazioni delle proprie attività, e veri siti dedicati, ai quali collaborano sia scienziati con post firmati circa le proprie pubblicazioni, sia giornalisti specializzati con articoli di divulgazione. In generale, l’accesso a tali siti, come Ars Technica, è libero, mentre diverse sono le forme di finanziamento che ne consentono la pubblicazione. Si va da quelli sostenuti esclusivamente dal “volontariato”, con contributi non retribuiti, a quelli che sono sostenuti da organizzazioni filantropiche e non profit (fenomeno tipicamente americano e britannico) fino a quelli che tentano la strada della testata commerciale, dove commerciale significa raccogliere pubblicità o qualche forma di pagamento per i servizi resi.

Ci si chiede se i siti e i blog potranno garantire l’indipendenza e l’approccio critico che molti vedono progressivamente venire meno sui giornali, influenzati dalla pressione delle aziende coinvolte nelle ricerche di cui si parla, e spesso ridotti a meri ripetitori dei comunicati stampa, magari infarciti da qualche nota sensazionalistica e in molti casi riportati sotto un titolo gridato e semplificante. Non tutti concordano sulla capacità del nuovo giornalismo on-line di fornire un’informazione competente ed equilibrata, che tenga conto del fatto che la scienza è un’attività umana, con i suoi errori, le sue distorsioni “politiche”, “personalistiche” e di potere (ma ci sono eccezioni, soprattutto per quanto riguarda i siti di alcuni grandi riviste, come Scientific American).

Emblematico è il successo del londinese Science Media Centre, un organizzazione nata nel 2002 per sostenere interessi commerciali e non profit soprattutto in merito agli Ogm. Un po’ alla volta, ampliando il settore d’interesse, i suoi report inviati per posta elettronica ai quotidiani, con notizie e dichiarazioni di scienziati, sono diventati una fonte privilegiata. Ed appaiono pari pari negli articoli del giorno successivo. “Non c’è troppo da festeggiare – ha detto a Nature un portavoce dello staff di sei persone ­–, quello che è un nostro successo, in realtà risulta una sconfitta del buon giornalismo”.

Concorda con tali analisi Claudia Di Giorgio, caporedattore dei mensili Le Scienze e Mente & Cervello. “Internet è per sua natura un veicolo di informazione scientifica – dice a BrainFactor –, risulta quindi ovvio, e anche più facile, cercarvi notizie sul mondo della ricerca. Ricordo, come spartiacque l’annuncio dei Nobel 1995, che venne dato prima sul Web che dalla agenzie di stampa. Noi, come rivista, abbiamo nostri blog e, nel nostro lavoro, attingiamo da quei siti e blog che ci danno garanzie di affidabilità. Ritengo però che proprio i periodici specializzati potranno essere quelli che hanno maggiore probabilità di sopravvivenza. Sono strumenti di approfondimento autorevole, che danno gerarchia e selezione precise degli argomenti e che si possono conservare e consultare”.

Be the first to comment on "Informazione scientifica: in crisi le testate tradizionali, decolla l’on-line"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.