Il sogno è più simile all’immaginazione o alla percezione? Perché quando sogniamo siamo come “disconnessi” dall’ambiente circostante? Sono alcune delle domande a cui risponde, in un viaggio fra fenomenologia e neurofisiologia, l’ampia e bella rassegna di Yuval Nir e Giulio Tononi, in pubblicazione su Trends in Cognitive Sciences (Nyr Y, Tononi G, Dreaming and the brain: from phenomenology to neurophysiology, Tr Cog Sci, 2010, in press).
“I sogni sono esperimenti di psicologia e neuroscienze che possiamo realizzare ogni notte quando dormiamo”. Così si apre la rassegna di Nir e Tononi, del dipartimento di psichiatria della University of Wisconsin.
I sogni affascinano l’umanità sin dalla sua comparsa sul pianeta, “ma il loro studio scientifico rigoroso è ancora alle battute iniziali”, dice Tononi. Nell’Interpretazione dei sogni, Freud profetizzava che “un giorno la ricerca sarà in grado di scoprire le basi organiche di questo evento mentale”. Ecco, sembra essere arrivato quel giorno.
Nir e Tononi passano in rassegna i risultati dei più recenti studi sul sogno, dalla fenomenologia all’indagine sull’attività del cervello, mostrando differenze e similarità fra il sogno e la veglia, toccando i temi della riduzione del controllo volontario e dell’autocoscienza, dell’alterazione del pensiero riflessivo e dei processi di memoria, della disconnessione dall’ambiente e degli aspetti emozionali che questa singolare esperienza comporta.
Alla luce delle tre principali correnti contemporanee di ricerca, quella psicodinamica di Solms, quella della Activation Input Modulation (AIM) di Hobson, quella neurocognitiva di Foulkes, gli Autori analizzano l’amnesia del sogno, la propagazione del segnale durante il sogno, la fase REM (chiedendosi se sia poi così un un buon modello per il sogno), i network funzionali e i meccanismi neurochimici sottostanti il sogno, fino a porsi la domanda: “ma sognare a che cosa serve”?
I punti fermi della nostra comprensione del sogno, secondo Nir e Tononi, sono i seguenti: lo stato di coscienza durante il sogno è simile a quello della condizione di veglia, anche se possiamo riscontrare “intriganti differenze” a livello di volontà, autocoscienza, riflessione, emozioni, memoria e una considerevole variabilità fra i sogni individuali.
La neurofisiologia del sonno REM, in particolare le recenti scoperte sui pattern di attività regionale cerebrale, offrono un utile punto di partenza per il collegamento dell’aspetto fenomenologico del sogno alla sottostante attività del cervello.
Le “evidenze convergenti” da diverse discipline, quali la fenomenologia, la neuropsicologia, la neuroimmagine funzionale, la neurofisiologia, sembrano supportare il concetto che l’attività di sognare può essere “molto simile” all’attività immaginativa.
Una curiosità: in una nota finale gli Autori si scusano per non aver potuto citare, per ragioni di spazio, tutti gli studi pubblicati sull’argomento.
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