Il grado di sincronizzazione delle “onde” emesse dal nostro cervello può essere uno specchio del livello di concentrazione della nostra mente. L’attività cerebrale va considerata in tutta la sua estensione temporale e non va parcellizzata considerando esclusivamente alcuni “momenti salienti”. Due recenti lavori scientifici danno forza alla prospettiva “olistica”, che meglio riesce a spiegare la complessità della nostra mente rispetto al riduzionismo (ancora) di moda.
La filosofia può essere intesa come un incessante lavoro intellettuale atto a conferire un senso globale alle singole scoperte scientifiche, collocando in un orizzonte più ampio i progressi compiuti a livello specialistico. E’ (anche) rispetto all’interpretazione dell’intelligenza umana che possiamo segnare un cambio di paradigma: l’approccio olistico sembra infatti avere acquisito una rilevanza maggiormente esplicativa rispetto all’impostazione riduzionistica tradizionale.
Il grado di sincronizzazione delle “onde” emesse dal nostro cervello è uno specchio del livello di concentrazione della nostra mente. Piuttosto che analizzare l’attività di singole aree della corteccia cerebrale, un’équipe di ricercatori belgi ha scelto di considerare l’organo che presiede all’intelligenza come un tutto interrelato. I ricercatori di Lovanio – che hanno pubblicato uno studio su Neuroimage – hanno fatto ricorso, oltre al classico elettroencefalogramma (EEG), all’elettrocorticografia (EcoG) e alla magnetoencefalografia (MEG).
“Analizzare un singolo risultato sull’attività cerebrale – dicono – rimane una sfida nelle neuroscienze. Abbiamo tratto vantaggio da questo problema concentrandoci sui campi globalmente sincroni dell’attività cerebrale misurata dai potenziali evocati piuttosto che concentrandoci su picchi localizzati”. Come dire che l’attività cerebrale va considerata in tutta la sua estensione temporale e non deve essere parcellizzata considerando solo alcuni momenti salienti.
Se Cartesio aveva cercato di rintracciare la sede dell’anima identificandola con la ghiandola pineale, similmente vani paiono i tentativi attuali di localizzare in un punto preciso del cervello l’intelligenza umana che, al contrario, sembra emergere da una interazione dinamica dei neuroni (se si considera l’aspetto strettamente fisiologico) e, appunto, dal grado di sincronizzazione delle onde cerebrali.
Nel cervello esistono reti neurali dinamiche: un approccio che consideri la globalità delle interazioni tra aree corticali sembra essere il più opportuno per rimediare ai “danni” gnoseologici conseguiti all’approccio riduzionistico. In effetti nel mondo filosofico-scientifico si sta facendo strada un nuovo paradigma, quello cosiddetto “olistico”, più utile a capire le connessioni esistenti nel “cosmo”, ovvero a rivelare la trama profonda della realtà, che sempre più spesso tende a rendere meno esplicativo il paradigma riduzionistico ancora dominante.
Il modello interpretativo olistico attribuisce maggiore importanza all’interazione dinamica delle parti, da cui emergerebbe un’attività “superiore” alla somma degli elementi considerati singolarmente. Affinché tale interazione – che può avere carattere reticolare, come il nostro Camillo Golgi (nell’immagine) intuì con grande lungimiranza – abbia successo, è necessaria un’attività di coordinamento di alto livello. Questo, sul piano cerebrale, avviene con onde “in fase” tra loro.
Si potrebbe obiettare come la sincronizzazione delle onde cerebrali non sia necessariamente sinonimo d’intelligenza. I termini non sono in effetti coincidenti, ma la prima affermazione può essere considerata una premessa della seconda: senza sincronizzazione dell’attività neuronale non saremmo capaci di concentrarci e, di conseguenza, sarebbe difficile che si dia intelligenza in senso stretto (intesa come capacità di risolvere problemi, risponder rapidamente e adeguatamente a certi stimoli, elaborare un pensiero astratto coerente, ecc.)
Secondo un altro studio scientifico pubblicato su PLoS-ONE da Viktor Müller (Max Planck Institute) e Andrey P. Anokhin (Washington University School of Medicine), quando si è concentrati su un’attività specifica i neuroni emettono più onde in sincronia, inibendo le informazioni non rilevanti ai propri scopi. I ricercatori hanno analizzato l’attività cerebrale presentando lettere dell’alfabeto a una serie di volontari.
Gli studiosi hanno rilevato che, quando i soggetti si concentravano, la dinamica oscillatoria cerebrale tendeva a sincronizzarsi e, dunque, si aveva una migliore selezione delle informazioni: questo vuol dire che la corteccia cerebrale, coordinando la sua attività, “filtra” quello che viene considerato irrilevante. Ciò avverrebbe quando ci si concentra su uno scopo preciso e si attivano processi cognitivi superiori: diverse regioni cerebrali verrebberò cioè unificate in una sorta di “network funzionale”, facendo sì che molte oscillazioni dell’attività neuronale abbiano lo stesso ritmo. Bloccare le informazioni di poco peso è essenziale per consentire l’adattamento evolutivo: gli esseri umani avrebbero imparato così a reagire meglio agli stimoli appropriati.
Dunque l’oscillazione sincrona delle onde cerebrali suggerirebbe l’esistenza di un’attività coordinata a livello di corteccia cerebrale. A sua volta quest’ultima sarebbe organizzata secondo una schema che si può rappresentare come una “rete dinamica” (con alcuni “nodi” o centri più importanti). La parcellizzazione delle diverse attività della mente può essere utile allora fino a quando si tratta di comprendere il funzionamento di compiti specifici, ma, quando tale attività diviene più complessa, il modello riduzionista si rivelerebbe inadeguato, mentre il paradigma olistico consentirebbe di raggiungere una comprensione più “profonda” del funzionamento cerebrale.
Il modello reticolare sembra dunque attualmente possedere una maggiore capacità euristica. Nonostante precedenti interpretazioni abbiano adottato un modello “ad albero” rifacendosi alla teoria dei sistemi (in cui si distinguono diversi livelli di organizzazione), una concezione olistico-interattiva pare possedere una maggiore forza esplicativa: la rete, con i suoi nodi, sarebbe uno schema organizzativo che consente di mettere in evidenza molti aspetti che emergono solo grazie all’interazione dinamica di diversi elementi.
La filosofia – pur avendo da tempo generalmente tralasciato la ricerca di un senso ultimo e definitivo dell’essere e dell’uomo (tendenza a cui “Essere e tempo” di Heidegger cercò di porre rimedio) – ha il difficile e importante ruolo di dover interpretare i risultati scientifici collocandoli in un quadro più ampio, che potrebbe anche sfuggire agli specialisti, il cui lavoro è però imprescindibile per una riflessione.
Come scrive Karl Jaspers, “l’essere non va considerato come isolato e diviso, ma al contrario come totalità: la Filosofia ha come suo materiale tutto ciò che si presenta come mera oggettività nell’orientazione del mondo realizzata dalle scienze”. Eppure, aggiunge Jaspers, “nessun esserci del mondo né un universo come «totalità» (Allei) né un totum come un «tutto in sé connesso» (Ganzes) può essere adeguatamente compreso dalla conoscenza e tradotto in immagine”.
Possiamo, insomma, accedere a una delle possibili rappresentazioni del mondo ma non a quella assoluta. “L’immagine del mondo – prosegue Jaspers – è, come immagine, un tutto connesso nel mondo, ma non la totalità in sé connessa del mondo”. Dunque, non si può avere una pretesa di verità, per così dire, noumenica (riprendendo Immanuel Kant, che nella “Critica della Ragion Pura” distingueva il fenomeno dalla cosa in sé).
Nel migliore dei casi si può ritenere importante la prospettiva della docta ignorantia proposta da Nicola Cusano, secondo cui ci si approssima alla verità (ipotizzando che ve ne sia una assoluta), rappresentabile con un cerchio perfetto, così come una serie di poligoni con un numero crescente di lati (interpretazioni sempre più comprensive ed esatte della realtà empirica).
Avverte però Jaspers: “mentre nell’esserci [ossia nell’essere empirico presente, ndA] tutto si disperde nella molteplicità, la scienza mostra l’unità del conoscibile e concepisce un’unità sistematica in cui tutto si connette con tutto”. Dunque, se la scienza empirica consente di raccogliere dati sensibili attraverso schemi interpretativi consapevoli o inconsci, la scienza in senso più alto mostra le connessioni più profonde della realtà, pervenendo a un’unità che si avvicina a quella descritta dai mistici. Insomma, la scienza e la teologia – a un certo livello – possono convergere.
D’altronde già Platone, riprendendo i pitagorici, aveva posto l’Uno e la Diade al vertice della realtà: come dire che l’universo è nato da un principio unico che poi ha dato origine alla molteplicità. Il caleidoscopio delle manifestazioni empiriche descritto dalla scienza acquista però una dimensione più unitaria attraverso le leggi biologiche, fisiche, ecc. che gli scienziati vanno scoprendo.
“Nessun essere vivente – puntualizza Paul Davies in “Il cosmo intelligente” – può esistere isolato. Tutti gli organismi sono fortemente ‘agganciati’ al loro ambiente inanimato e hanno bisogno di un rifornimento continuo di materia ed energia”. Infatti, “la vita sulla Terra è una rete intricata di organismi mutuamente interdipendenti che si trovano in uno stato di equilibrio dinamico”.
Scoprire la trama delle connessioni della realtà, a partire da quelle presenti nel nostro cervello e dalla sua interazione con altri esseri e con il resto dell’ambiente, rappresenta una sfida filosofico – scientifica davvero affascinante.
Glauco Galante
Bibliografia di riferimento
- Alexander DM, Jurica P, Trengove C, Nikolaev AR, Gepshtein S, Zvyagintsev M, Mathiak K, Schulze-Bonhage A, Ruescher J, Ball T, van Leeuwen C., “Traveling waves and trial averaging: The nature of single-trial and averaged brain responses in large-scale cortical signals”, Neuroimage, Volume 73, June 2013, pages 95-112, doi: 10.1016/j.neuroimage.2013.01.016
- Viktor Müller (Max Planck Institute), Andrey P. Anokhin (Washington University School of Medicine), “Neural Synchrony during Response Production and Inhibition”, PLoS ONE 7(6):e38931.doi:10.1371/journal.pone.0038931, 20 June 2012
- Karl Jaspers, “Filosofia”, Utet, Torino, 2013 (ediz. e-book)
- Thomas S. Kuhn, “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”, Einaudi, Torino, 1999
- Ludwig von Bertanlaffy, “Teoria generale dei sistemi”, Mondadori, Milano, 2004
- Fritjof Capra, “Il punto di svolta”, Feltrinelli, Milano, 2000
- Nicola Abbagnano, “Storia della filosofia” (vol. VI), Tea, Milano, 1995, pp. 306-318
- Immanuel Kant, “Critica della Ragion Pura”, Tascabili Bompiani, Milano, 1989 (in due volumi a cura di Giorgio Colli)
- René Descartes, “Discorso sul metodo”, Editori Riuniti, Roma, 2002
- Heidegger, “Essere e tempo”, Longanesi, Milano, 2005
- Ernst Cassirer, “Storia della filosofia”, Einaudi, Torino, 1978
- Joseph Agassi, “Le radici metafisiche delle teorie scientifiche”, Borla, Roma, 1983
- Paul Davies, “Il Cosmo intelligente”, Mondadori-De Agostini, Milano-Novara, 1994
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