Donne e jihad: mogli, educatrici, combattenti

I casi di Hoda Muthana negli Stati Uniti e di Shamima Begum nel Regno Unito le quali, di ritorno dai territori dell’IS in seguito alla disfatta militare del califfato in Siria, stanno chiedendo di essere reintegrate nei propri Stati di origine, hanno aperto un dibattito che interessa opinione pubblica, esperti di sicurezza e terrorismo e sfera politica, riguardo al reintegro o meno in una società democratica delle donne che si sono unite alla jihad [1].

Ad oggi non può essere appurato se esse facciano parte dei disillusi, pentiti, truffati dalla propaganda del califfato [2] o criminali di guerra tornati in occidente per riversare gli effetti della radicalizzazione alla quale sono state esposte ed hanno accettato per anni [3]. Per avere un quadro completo della situazione, occorre analizzare quale figura rappresenta la donna nella narrativa jihadista e quale valenza operativa ricopre nel panorama dell’insurrezione e del terrorismo estremista.

I Numeri della Muhajira

Già a dicembre 2015 [4], anno del picco dell’hijra (emigrazione) femminile verso i territori occupati da IS, approssimativamente 31.000 foreign fighters da 86 nazioni hanno raggiunto le roccaforti di Daesh in Medio Oriente. In particolare, tra le nazioni che hanno registrato il maggior numero di migrazioni femminili, si registra un’eterogeneità riguardante le zone d’origine: Russia (1.000), Tunisia (700), Francia (382), Cina (350) e Marocco (293) [5].

Inoltre, dei più di 5.000 foreign fighters provenienti dall’Europa, quasi 600 erano donne [6]. Alcune hanno raggiunto le regioni in Siria ed Iraq dall’Europa attraverso un network di reclutamento, altre si sono attivate ed organizzate in totale autonomia. [7]
La capacità del brand Daesh di mobilitare le donne militanti è senza precedenti, ma la risposta affermativa delle donne alla jihad non rappresenta un fenomeno nato di recente [8].

Le donne ricoprono da sempre una figura chiave nell’insurrezione islamica estremista e non sempre vivono all’ombra del sostegno da garantire al proprio marito che combatte per la jihad.

Infatti, solo da un’analisi superficiale si evince che, per una donna, unirsi ad un gruppo jihadista, riguarda esclusivamente l’accettazione di una violazione dei propri diritti, relegando quindi il nesso tra donne e terrorismo ad un fenomeno legato solo a dinamiche inerenti la radicalizzazione o ad un vero e proprio lavaggio del cervello.

Infatti, le violenze perpetrate dai membri di Daesh verso le donne appartenenti alla tribù degli Yazidi [9] o una lettura di alcune pagine della rivista Beituki (La tua casa) pubblicata da al-Qaeda che insegna alle mogli come prendersi cura dei loro mariti (“fa ciò che tuo marito ti chiede di fare” “saluta tuo marito con un sorriso” etc.) [10] delineano una funzione marginale ed accessoria all’uomo a cui viene relegata la donna nella narrativa dei gruppi terroristici.

Ma i dati riguardanti le donne ed il terrorismo di matrice islamica ci raccontano anche che la figura femminile ha spesso rappresentato un ruolo chiave, attivo ed autonomo in termini operativi e strategici, lontano dall’esclusivo legame con l’uomo.

Le donne nel processo di radicalizzazione

Focalizzando l’analisi sulla branca relativa al ruolo passivo della donna, quale custode del focolare, essa acquisisce nell’organizzazione terroristica anche la funzione di educatrice, ovvero il primo contatto che i bambini hanno con l’ideologia jihadista. Tale ruolo è stato esteso ed “ufficializzato”, specialmente da Daesh ed dal suo califfato, attraverso la creazione di scuole, in cui erano le donne ad avere il compito di insegnare la visione dell’organizzazione sul Corano e sulla vita di Maometto alle giovani reclute. [11]

Ma la possibilità delle donne di prendere parte al processo di radicalizzazione si estende anche a finalità strategiche. Infatti, di frequente il processo di radicalizzazione online viene interamente gestito da donne che, strategicamente e meccanicamente, hanno dimostrato di essere in grado di empatizzare con un diffuso ed eterogeneo bacino di utenti. Come nel caso di Bushra Haik, nata a Bologna nel 1985 da genitori siriani, che rappresenta un personaggio centrale per comprendere la significativa partecipazione delle donne ai processi di radicalizzazione.

Bushra, favorendo il suo primo contatto presentandosi e lavorando come insegnante d’arabo e di Corano, era successivamente solita guidare incontri tra donne via Skype. Proponeva alle adepte un percorso verso la radicalizzazione criticando le situazioni in cui c’è promiscuità tra uomini e donne (comprese scuole e università), professando l’inaccettabilità di vivere in un paese di miscredenti ed insinuando la necessità di compiere l’hijra verso le roccaforti di Daesh.

L’ideologia dietro il ruolo strategico di educatrice e reclutatrice che la donna ricopre nella moderna dimensione globale del terrorismo islamico, è il gradino che precede il ruolo di combattente attiva nella jihad che, per esigenze operative e di adattamento, si sta riproponendo in maniera di volta in volta più frequente nella fenomenologia del terrorismo internazionale.

Le donne combattenti della jihad

Le donne sono da molto tempo combattenti attive dell’insurrezione islamica estremista: il 25% degli attacchi suicidi in Iraq dal 1968 al 2012 sono stati compiuti da donne; dal 1980 gruppi islamisti composti da sole donne Dukhtaran-Millat (DeM) ed il Muslim Khawateen Markaz (MKM) hanno imposto l’utilizzo del burqa nei luoghi pubblici e fomentato azioni violente contro le autorità indiane in Kashmir; un gran numero delle spie reclutate dai Talebani in Afghanistan erano donne [12].

Quindi, nel panorama del terrorismo di matrice islamica, la figura della donna sta assumendo un ruolo attivo nella lotta contro i takfir (infedeli). Questo dato si evince sia dal ruolo militaristico dedicato alle donne dalle organizzazioni terroristiche, sia dalle scelte autonome intraprese da alcune donne nel compiere atti violenti in nome dell’ideologia estremista.
Di seguito alcuni casi topici

2004: Valenza strategica per le organizzazioni terroristiche – Reem Saleh Riyashi, una madre reclutata da Hamas e da al-Aqsa Martyrs’ Brigades per un attentato suicida che ha ucciso quattro israeliani al confine con Gaza. La donna venne usata nell’operazione congiunta dei due gruppi terroristici per oltrepassare i crescenti controlli che Israele stava effettuando nei confronti degli affiliati di sesso maschile. Il controllo delle donne avveniva qualche metro oltre il confine, consentendo di utilizzare l’attentatrice come una “bomba intelligente”, in grado di detonare l’ordigno in prossimità del maggior numero di israeliani possibile [13].

2017: Dalla radicalizzazione online alla pianificazione di un attentato – Safaa Boular, 17 anni (all’epoca dei fatti), facente parte della prima cellula inglese di Daesh completamente femminile, condannata per aver organizzato un attentato al British Museumxiv. Entrata in contatto online con una delle più prolifiche reclutartici di Daesh che, facendo leva anche sull’educazione “asfissiante” della madre, le ha permesso di conoscere altri soggetti radicalizzati online con cui Safaa ha intrapreso una relazione virtuale di amicizia.

Tra questi, conosce Naweed Hussain, con cui intraprende una relazione romantica a distanza, fino a pianificare con lui l’attacco al British Museum [14] alla quale avrebbero dovuto partecipare anche altri membri, inizialmente, sconosciuti alla donna. Successivamente all’uccisione di Hussein in Siria, Safaa convince sua sorella e sua madre a compiere l’attentato con lei. Le conversazioni vengono intercettate e Safaa arrestata prima di riuscire ad ultimare il suo piano [15].

2018: il terreno fertile per la radicalizzazione creato dal disagio sociale – Mouna Guebla, tunisina, 30 anni, laureata e disoccupata. Si è fatta esplodere il 30 ottobre 2018 sull’Avenue Bourguiba in pieno centro a Tunisi, ferendo 15 guardie e 5 civili. Non è stato riscontrato nessun legame diretto tra la donna ed un’organizzazione terroristica internazionale, seppure, in seguito ad un percorso di radicalizzazione avvenuto online, avesse trascorso una settimana a Ettadhamen, un villaggio della Tunisia noto per l’attivismo jihadista ed il reclutamento di foreign fighters [16].

Analizzando le modalità operative di queste tre donne notiamo la stessa evoluzione che sta trasformando il panorama jihadista internazionale. Da esigenze militaristiche premeditate e pianificate da nuclei centrali di un’organizzazione, come nel caso di Reem Saleh Riyashi, alla radicalizzazione virtuale ed anonima che si riflette con ripercussioni reali e violente, fino all’ultimo step del sistema decentralizzato del terrorismo di matrice islamica [17]: l’autonomia degli attori, pressati da stati che versano in difficoltà economiche e crescita demografica e tormentati dalla necessità di riconoscimento, che individualmente e senza segnali di premeditazione, scelgono di diventare martiri in nome dell’estremismo islamico.

E’ proprio nelle ragioni strategiche e nella necessità di adattamento del terrorismo che si trovano le cause che inducono le donne al martirio. Seppur cambino le modalità (da attentati pianificati a veri e propri lupi solitari che compiono atti di violenza random) il terrorismo islamico che si adatta con duttilità ai nuovi scenari del conflitto. L’ideologia, come quella relativa alla visione della donna relegata a ruoli prettamente domestici, viene surclassata e si trasforma in strumento a vantaggio delle necessità sia narrative che operative delle organizzazioni terroristiche di matrice islamica.

Fonti:

  1. Site Intelligence Group (21 febbraio 2019) As the Caliphate Crumbles, a Female American ISIS Member Makes a Pitch for Redemption. https://news.siteintelgroup.com/blog/index.php/categories/jihad/entry/439-as-the-caliphate-crumbles,-an-american-isis-member-makes-a-pitch-for-redemption
  2. M. Chulov B. McKernan (17 febbraio 2019) Hoda Muthana ‘deeply regrets’ joining Isis and wants to return home. The Guardian. https://www.theguardian.com/world/2019/feb/17/us-woman-hoda-muthana-deeply-regrets-joining-isis-and-wants-return-home
  3. D. Toube (25 febbraio 2019) What to do about Shamima Begum. European Eye on Radicalization. https://eeradicalization.com/what-to-do-about-shamima-begum/
  4. “Migrazione delle donne”
  5. J. Cook G. Vale (luglio 2018) From Daesh to ‘Diaspora’: Tracing the Women and Minors of Islamic State. ICSR International Center for the Study of Radicalization. https://icsr.info/wp-content/uploads/2018/07/ICSR-Report-From-Daesh-to-%E2%80%98Diaspora%E2%80%99-Tracing-the-Women-and-Minors-of-Islamic-State.pdf
  6. Soufan Group (dicembre 2015) Foreign Fighters: An Updated Assessment of the Flow of Foreign Fighters into Syria and Iraq. http://soufangroup.com/wp-content/uploads/2015/12/TSG_ForeignFightersUpdate3.pdf
  7. L.Vidino (Dicembre 1, 2014) European Foreign Fighters in Syria: Dynamics and Responses. European View vol. 13.
  8. L.Vidino, F. Marone (13 novembre 2017) Terrorismo in Europa: Foreign Fighters e Prevenzione. ISPI. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/terrorismo-europa-foreign-fighters-e-prevenzione-18783
  9. H. Zbiss (ottobre 2016) Yazidi women surviving Daesh: between psychological traumas and the struggle to reintegrate to society. Women Across Frontier. https://wafmag.org/2016/10/yazidi-women-surviving-daesh-psychological-traumas-struggle-reintegrate-society/
  10. The Economist (3 febbraio 2018) Al-Qaeda’s chick-lit: how to please your holy warrior. https://www.economist.com/middle-east-and-africa/2018/02/03/al-qaedas-chick-lit-how-to-please-your-holy-warrior
  11. National Coordinator for Security and Counterterrorism (NCTV) and the General Intelligence and Security Service (AIVD) (aprile 2017) The Children of ISIS The indoctrination of minors in ISIS-held territory. https://english.nctv.nl/binaries/WEB_102525_The_Children_of_ISIS_tcm32-257646.pdf
  12. M. Loken A. Zelenz (2017) Explaining extremism: Western women in Daesh. European Journal of International Security. https://www.cambridge.org/core/journals/european-journal-of-international-security/article/explaining-extremism-western-women-in-daesh/7187A082116198F6FA855E6292B9646D/core-reader
  13. BBC News (14 gennaio 2004) Hamas woman bomber kills Israelis. http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/3395973.stm
  14. D. Gayle (3 agosto 2018) Teenager jailed for life over British Museum bomb plot. The Guardian. https://www.theguardian.com/uk-news/2018/aug/03/teenager-safaa-boular-jailed-for-life-over-british-museum-bomb-plot
  15. D. Casciani (4 giugno 2018) The radicalisation of Safaa Boular: A teenager’s journey to terror. BBC. https://www.bbc.com/news/uk-44359958
  16. A.Y. Zelin (31 ottobre 2018) An unprecedented attack by a female bomber should not come as a surprise considering the spike in women’s jihadist activism since 2011. PolicyWatch 3032. The Washington Institute. https://www.washingtoninstitute.org/policy-analysis/view/tunisias-female-jihadists
  17. E. Azani (03 giugno 2018) Global Jihad – The Shift from Hierarchal Terrorist Organizations to Decentralized Systems. ICT International Institute for Counter-Terrorism Herzliya. https://www.ict.org.il/Article/2210/404.aspx#gsc.tab=0

Elena Balia

Daniele Maria Barone

Stock Photos from ImHope / Shutterstock

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