Cure palliative e assistenza malati in Italia: l’esperienza trentennale di Vidas

Cure palliative e assistenza malati in Italia: l'esperienza trentennale di Vidas.Nell’ambito del nostro percorso volto ad approfondire gli aspetti legati alla terapia del dolore, alle cure palliative, alla recente normativa in materia e alle strutture presenti nel nostro Paese (vedere lo Speciale di BrainFactor dedicato all’argomento) abbiamo intervistato Giovanna Cavazzoni, Presidente di Vidas, e le dottoresse Giada Lonati, direttore socio-sanitario, e Barbara Rizzi, direttore scientifico e responsabile del Centro Studi e Formazione dell’associazione.

Il Vidas (Volontari Italiani Domiciliari per l’Assistenza ai Sofferenti) nasce a Milano nel 1982, ed è – nelle parole del suo Presidente – “un’associazione apartitica e aconfessionale che traduce la forte tensione ideale nella concretezza del quotidiano, ispirata dal sogno di un incontro fra giustizia e pietas”: una bellissima sintesi di questa realtà. Il campo d’azione prescelto è l’assistenza gratuita ai malati terminali (estesa ormai da anni anche a malati affetti da patologie cardiologiche e SLA) più in difficoltà, attraverso gli interventi di proprie équipe socio-sanitarie specializzate in terapia del dolore e cure palliative – regolarmente compensate da Vidas – e di generosi volontari rigorosamente selezionati e formati.

I risultati di questo enorme e progressivo impegno nel corso dei 29 anni di attività dell’Associazione parlano da sé: 26.000 pazienti curati, sia a domicilio (a Milano e in 83 Comuni della Provincia) sia nei reparti di degenza e day hospital dell’hospice “Casa Vidas”. Dai 20 malati del 1982 si è passati ai circa 1600 del 2010, in media 160 pazienti ogni giorno. Una capacità assistenziale considerata la più ampia in Europa fra similari servizi e un modello ripreso in diverse realtà italiane e straniere.

Un’intensa attività culturale, promossa dalla Fondazione Vidas (seminari, tavole rotonde, convegni e pubblicazioni), affianca da sempre quella assistenziale, accompagnandola come un “leitmotiv”, per sensibilizzare un pubblico sempre più vasto alla filosofia ispiratrice di Vidas: restituire diritti e dignità alla persona anche nelle fasi più fragili e spesso drammatiche della propria vita.

Foto Vidas - particolare

Al letto della persona malata… (Foto Vidas)

Quanto è cambiata (se è cambiata sostanzialmente) in questi anni la realtà sulla quale intervenite?

Quando abbiamo cominciato, 29 anni fa, vi era totale sordità legislativa e istituzionale dopo il “non c’è più niente da fare”: le strutture ospedaliere dimettevano malati gravi, anziani, poveri in completa solitudine. Nel corso degli anni, quel deserto si è modificato con servizi di assistenza di aziende ospedaliere e del settore privato. Un percorso lungo e faticoso che, nonostante queste “oasi” di conforto e cura professionale, non esaudisce completamente i bisogni dei malati. Tuttavia, lo sviluppo di un sempre maggiore dialogo con tutte le strutture pubbliche e gli attori coinvolti nell’assistenza al malato terminale ci ha consentito, per esempio, di assicurare un passaggio tutelato del paziente che viene “mandato a casa”. Grazie alle segnalazioni riusciamo infatti a garantire ormai da anni dimissioni protette. Per quanto riguarda invece l’assistenza in hospice, Vidas è tra i primi hospice della città di Milano che hanno dato il via alla “Rete degli hospice” per il malato oncologico: si tratta di un servizio per il cittadino finalizzato a semplificare l’accesso alle strutture riducendo i tempi di attesa per il ricovero. A chi ha necessità di un ricovero in hospice, viene offerta la possibilità di effettuare il colloquio di presa in carico in uno qualsiasi degli attuali 9 hospice aderenti alla Rete. In questa occasione, vengono raccolti i dati necessari per cogliere la complessità clinico-assistenziale relativa al malato. Questi dati determinano un coefficiente di gravità in base al quale viene definita la lista di attesa. Il cittadino durante il colloquio esprime anche la propria preferenza rispetto all’hospice nel quale desidera avvenga il ricovero. Il risultato di questo modello operativo è una lista di attesa comune tra tutti gli hospice, consultabile da ogni singola struttura che aderisce alla Rete, dalla quale ogni hospice può “attingere” per provvedere ai ricoveri.

La recente approvazione della legge in materia di accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore ha avuto risvolti sul modo di operare dei vostri medici? Ha facilitato il loro lavoro?

La legge 38/2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore” rappresenta un punto fermo nella storia dell’evoluzione delle cure palliative in Italia poiché, proclamando il diritto di continuità assistenziale per tutti i pazienti affetti da patologia non più suscettibile di terapia finalizzata alla guarigione, obbliga alla costituzione di una rete formale tra tutti i servizi che erogano cure palliative e terapia del dolore. Nella legge inoltre si richiama l’importanza del ruolo dei medici di medicina generale e questo – almeno in linea teorica – dovrebbe facilitare il dialogo tra i medici di famiglia e i medici palliativisti. Non ultimo, la semplificazione della prescrizione della maggior parte dei farmaci utilizzati a scopo antalgico dovrebbe favorire ulteriormente il diffondersi di una cultura medica di fatto ancora troppo poco sviluppata. Tuttavia, nonostante la speranza riposta dai palliativisti in questa legge, a circa un anno di distanza dalla sua promulgazione, di fatto non vi sono stati risvolti significativi sul modo di operare dei medici e delle équipe di cure palliative.

Sappiamo che Vidas ha istituito un Centro Studi e Formazione che organizza corsi di formazione e aggiornamento sulle tematiche delle cure palliative e dell’assistenza del malato, e che questi corsi partecipano al programma di ECM del Ministero della Salute. Come si articola questa struttura parallela?

Vidas, attraverso il Centro Studi e Formazione (CSF), da ormai un decennio organizza corsi di formazione rivolti a medici, infermieri, fisioterapisti, psicologi, provenienti da tutta Italia, e aperti anche ad altre professioni quali assistenti sociali, operatori socio-sanitari, educatori professionali che in molte realtà di cure palliative sono membri effettivi dell’équipe di cura. I corsi promossi dal CSF hanno permesso ai partecipanti di confrontarsi in modo diretto, personale e interdisciplinare con le tematiche salienti delle cure palliative dai diversi punti di vista: clinico, assistenziale, etico e gestionale. L’esperienza maturata negli anni dal CSF sul versante della didattica, unitamente al tipo di organizzazione sviluppata parallelamente in ambito assistenziale da Vidas, ha portato infine alla realizzazione di stage: corsi di formazione residenziale articolati su più giornate in cui ampio spazio viene dedicato all’esperienza e all’approccio diretto con il paziente. Tutti i corsi di formazione organizzati dal CSF hanno partecipato al programma ECM ottenendo sempre un buon punteggio (6-8 crediti a giornata di formazione). Nel 2010 infine, il CSF ha ottenuto la certificazione ISO 9001:2008. È previsto un folto programma di formazione anche per il 2011 che sarà pubblico a breve sul nostro sito.

E per quanto riguarda la partecipazione del Centro Studi e Formazione alla realizzazione del master “Cure palliative al termine della vita” dell’Università degli Studi di Milano?

Analogamente, Vidas ha collaborato, sin dal suo nascere 11 anni fa, alla realizzazione del master di cure palliative dell’Università degli Studi di Milano: primo master in Italia a carattere interdisciplinare e quindi rivolto ai diversi professionisti che costituiscono l’équipe di cure palliative. Vidas gestisce autonomamente uno degli 11 moduli didattici, quello dedicato al lavoro d’équipe interprofessionale nelle cure palliative, ed è sede di tirocinio. A titolo esemplificativo, nel 2010 Vidas ha erogato 20 settimane di tirocinio a 13 studenti iscritti alla decima edizione del master. Dal 2011, inoltre, Vidas è stata riconosciuta sede di tirocinio anche per il master di cure palliative dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Una vostra recente pubblicazione scientifica porta il titolo “Rete di cure palliative: utopia o realtà”. Quanto è utopia e quanto realtà secondo la vostra esperienza?

La pubblicazione “Rete di cure palliative: utopia o realtà?” presentata a Roma al XVII Congresso nazionale della Società Italiana di Cure Palliative, è un lavoro di ricerca nato dall’osservazione e dall’analisi dell’attività svolta dall’unità valutativa, ovvero dai nostri assistenti sociali, che effettuano i primi colloqui di accoglienza con i familiari dei pazienti che richiedono l’attivazione del servizio di cure palliative. Nel 2009, al 17,7% delle richieste di attivazione del servizio di cure palliative non è seguita l’effettiva presa in carico del paziente. L’osservazione del lavoro effettuato nell’arco dei primi dieci mesi del 2010 ha sorprendentemente riconfermato il dato dell’anno precedente. L’analisi dettagliata dei dati raccolti, invece, ha portato a concludere che purtroppo, ad oggi, non sempre i pazienti che potrebbero giovarne accedono alla rete in tempi appropriati, così come considerevole è la percentuale di pazienti che viene indirizzata erroneamente alla rete di cure palliative. Ciò a dimostrazione ulteriore di quanto lavoro ancora sia necessario fare sia a livello culturale sia istituzionale perché la rete di cure palliative divenga realtà.

Volete aggiornare i lettori di BrainFactor su “Casa Vidas”, la struttura milanese di Via Ojetti destinata all’assistenza residenziale dei malati, con prestazioni diurne e degenza?

L’hospice Casa Vidas, destinato all’assistenza dei malati inguaribili, è aperto dal 2006. Da allora ha ospitato oltre duemila pazienti, offrendo risposte ai bisogni clinici e assistenziali di pazienti e familiari, provenienti dal domicilio e dagli ospedali per acuti di Milano e Provincia. L’assistenza in Casa Vidas è offerta da un’équipe interdisciplinare composta da medici, infermieri, operatori socio-sanitari, psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali e volontari. Per gli operatori di Casa Vidas ogni paziente è un individuo e come tale merita un’attenzione unica e particolare, che si traduce nella realizzazione di un piano assistenziale individualizzato, costantemente ridiscusso e aggiornato alla luce dei cambiamenti clinici ed emotivi che accompagnano le fasi ultime della vita. In quest’ottica un’attenzione particolare è dedicata alla famiglia. Nelle venti camere singole di Casa Vidas è disponibile un secondo letto per un familiare, al quale viene anche offerto il vitto per tutto il tempo di ricovero del paziente. Accanto alla degenza è inoltre attivo dal 2007 il day care: un luogo in cui, ai pazienti che ancora conservano un’autonomia sufficiente a consentire loro uno spostamento dal proprio domicilio, viene offerto supporto sanitario, psicologico e sociale in un clima reso amichevole dalla presenza di un laboratorio di arteterapia gestito dai volontari Vidas.

Casa Vidas

Nell’immagine: l’hospice Casa Vidas di Via Ojetti a Milano (Foto Vidas)

Quali sono sostanzialmente i criteri che fanno optare per l’inserimento di un malato in questa struttura anziché la tradizionale assistenza domiciliare?

La scelta di indirizzare un paziente all’hospice risponde a diverse ragioni, in parte di ordine clinico e in più larga misura di ordine socio-assistenziale. Circa il 40% degli ospiti di Casa Vidas proviene infatti dall’assistenza domiciliare: in questi casi il trasferimento è reso necessario dalle difficoltà delle famiglie a garantire in termini di disponibilità materiali ed emotive la gestione del paziente nella sua casa. In queste fasi il ricovero può anche essere “di sollievo”, per offrire alla famiglia un tempo necessario per recuperare energie o per riorganizzare il domicilio in previsione del rientro del paziente. In altre situazioni il ricovero diventa definitivo, laddove non vi siano le risorse materiali per supportare il paziente al venire meno dell’autonomia. Si pensi ai molti anziani soli o conviventi con un coniuge altrettanto anziano, senza una rete familiare in grado di offrire supporto e senza risorse economiche sufficienti per vicariare questo vuoto. Un discorso diverso meritano i pazienti provenienti dagli ospedali per acuti, cui talvolta l’hospice viene offerto come unica alternativa possibile. In questi casi non di rado viene compiuto in hospice il percorso opposto: molte famiglie, venute a conoscenza della possibilità di assistere a domicilio il proprio congiunto, optano per questa soluzione.

Quale è il ruolo del laboratorio di arteterapia istituito nel day care di Casa Vidas, cui sopra si è accennato? Quanto i malati sono aiutati da queste esperienze artistiche?

Laddove la medicina sembra che non possa fare più niente per guarire, rimane ancora moltissimo da fare. Questa consapevolezza, che da sempre muove Vidas, si declina perfettamente all’interno del laboratorio di arteterapia. Questo luogo, destinato ad accogliere pazienti con un minimo grado di autonomia, ricoverati o provenienti dal proprio domicilio, rappresenta prima di tutto uno spazio di relazione. Nel laboratorio, attraverso la realizzazione di piccoli oggetti, pazienti e familiari scambiano esperienze, esprimono sensazioni, liberano emozioni, con l’obiettivo fondamentale di lenire la solitudine che spesso accompagna questa fase della vita.

Quanto ha contato, e conta, per voi il cosiddetto 5 per mille? Alla fine, dopo quanto abbiamo letto recentemente, sarà garantito anche dalla attuale finanziaria? E in quale misura?

Vidas ha un budget molto pesante: 8 milioni di euro l’anno, sostenuto dalla solidarietà di tanti donatori (privati cittadini, banche, fondazioni) e dal 5 per mille che nel 2008, grazie a 33.000 preferenze, ha regalato all’Associazione il 14° posto su 26.596 enti beneficiari (quasi 1.800.000 euro). Mai come quest’anno però la sopravvivenza di tale strumento è stata in forse. La legge di stabilità lo aveva ridotto del 75%, dai 400 milioni del 2010 a 100 milioni. Poi, la generale mobilitazione e un ripensamento che ha coinvolto maggioranza e opposizione dei due rami del Parlamento, hanno consentito il ripristino della misura di sostegno attraverso il cosiddetto “Decreto Milleproroghe” di fine 2010, anche se permangono dubbi interpretativi sulla piena disponibilità dei fondi (ad oggi pare siano confermati 300 milioni da destinare a tutte le associazioni di volontariato e 100 finalizzati esclusivamente alle realtà che assistono malati di SLA). È tempo che chi governa prenda consapevolezza del nostro ruolo. Il terzo settore non è frutto di un’elemosina che si dispensa solo quando c’è. È piuttosto figlio di una generosità che si coniuga con l’uguaglianza delle opportunità, perciò bene durevole nell’interesse della nazione.

Intervista realizzata il 3/2/2011 da Tiziano Cornegliani, MD © BrainFactor – Cervello e Neuroscienze. Tutti i diritti riservati

1 Comment on "Cure palliative e assistenza malati in Italia: l’esperienza trentennale di Vidas"

  1. Sono Elio entrato a far parte dei volontari VIDAS al decimo anno della sua vita. Allora avevamo 50/55 malati, una sola equipe di medici, infermieri, psicologi ed i volontari erano una trentina. Poi G. Cavazzoni mi fatto eleggere in Consiglio e sono passati diversi anni durante i quali ero volontario e Vice Presidente. Nel 2000 fui incaricato dal Consuglio di cercare un terreno adatto per la costruzione dell’hospice. Nel frattempo, con l’autorizzazione del Consiglio, affidai la progettazione di massima dell’hospice ad uno Studio di Architettura. Trovato a Bonola: in tre anni, passati dalla mattina alla sera in cantiere, abbiamo costruito la Casa Vidas. Avventura indimenticabile che mi ha legato a Vidas per la vita : malgrado ciò ed i molti riconoscimenti del Consiglio non vengo neppurte citato… E così sia!

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