“Le neuroscienze possono imparare molto dalle conoscenze intuitive di maghi e prestigiatori…” Così argomentano Robin Kim e Ladan Shams sull’ultimo numero di Scientific American, commentando uno studio pubblicato recentemente su Nature Reviews Neuroscience, a firma congiunta dei neuroscienziati del Barrows Neurological Institute e di… famosi illusionisti (Robyn Kim, Ladan Shams, What Can Magicians Teach Us about the Brain? Neuroscience can learn a lot by tapping the intuitive knowledge of magicians as new sources for inspiration and study, Sci Am, March 24, 2009).
Le illusioni visive, uditive e multisensoriali, nella quali le percezioni umane sembrano contraddire le proprietà fisiche dello stimolo, sono state utilizzate a lungo dagli psicologi per studiare i meccanismi del processo sensoriale. I prestigiatori utilizzano tali illusioni sensoriali nei loro “trucchi”, manipolando in effetti l’attenzione, le funzioni logiche e la memoria di chi li osserva.
Kim e Shams sottolineano che, sebbene gli illusionisti non hanno probabilmente studiato questi fenomeni con metodo scientifico, “non sviluppando esperimenti controllati”, le loro tecniche sono state comunque testate nel tempo e perfezionate con la pratica, nelle condizioni più difficili, perché sotto l’esame attento di un pubblico scettico e quasi sempre severo nei loro confronti.
E’ noto che l’attenzione può influenzare notevolmente ciò che vediamo. Per distogliere l’attenzione delle persone che osservano un numero di magia e “creare l’effetto”, gli illusionisti utilizzano un arsenale di tecniche, che vanno da semplici gesti (es. far volare un piccione per distogliere l’attenzione), a tecniche molto più raffinate. I maghi sono anche capaci di manipolare la memoria del loro pubblico, rendendogli difficile ricostruire ciò che è appena accaduto: negli studi cognitivi, è stato appurato che forinre disinformazione in merito a eventi trascorsi può ridurre l’accuratezza delle rievocazioni mnestiche e creare false memorie, “cosa che i maghi sanno intuitivamente da secoli”…
Quale potrebbe essere dunque il ruolo del “magico” nelle neuroscienze, si chiedono gli autori di Scientific American? Le neuroscienze cognitive possono spiegare molte tecniche dei “colleghi” illusionisti: l’articolo di Nature conferma infatti che “le neuroscienze dovrebbero utilizzare molto di più gli illusionisti nella ricerca”. L’uso di illusioni cognitive, ad esempio, durante scansioni di neuroimmagine, potrebbe risultare utile all’identificazione dei circuiti neurali alla base di specifici processi cognitivi, oppure nella mappatura dei correlati neurali della coscienza. Ma, si chiedono argutamente gli autori, “gli illusionisti saranno disposti a svelare tutti i loro segreti agli scienziati”?
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