La caratteristica principale che ci distingue dagli altri animali è sicuramente il linguaggio. Alla luce delle nuove acquisizioni delle neuroscienze, quali sono le strutture del cervello che rendono possibile una abilità tanto complessa? E quali sono i modelli più accreditati per spiegare i processi di lettura e di scrittura? Lo illustra in un primo contributo la biologa molecolare e medical writer Rossella Ferrari.
Origine della scrittura
La capacità della specie umana di elaborare il linguaggio attraverso la scrittura si è sviluppata da circa 4.000 anni, sia pur con modi e tempi diversi. L’acquisizione della lingua parlata avviene spontaneamente e senza istruzione specifica nella prima infanzia, mentre l’apprendimento della lettura e scrittura richiedono una guida e avviene in età più avanzata, in coincidenza di solito con l’inizio della scolarizzazione. In assenza di scolarizzazione le abilità di lettura e scrittura non si sviluppano nonostante la presenza di normali capacità cognitive; infatti, ancora oggi il tasso d’analfabetismo è alto, seppur in lenta e costante discesa.
L’apprendimento e l’uso del linguaggio scritto si basano su sistemi funzionali e neurologici dedicati, sviluppati adattando e modificando parti del sistema visivo a compiti specifici quali il riconoscimento di lettere e parole. Tali processi sono indipendenti dai sistemi di riconoscimento visivo d’altre classi di stimoli come, per esempio, oggetti o visi e da quelli del linguaggio parlato, con possibili dissociazioni fra capacità di leggere, scrivere, parlare e comprendere il linguaggio per via uditiva. Questi processi agiscono in maniera rapida, efficiente e automatica.
I dati ricavati dallo studio dei deficit di lettura e scrittura hanno permesso di chiarire i rapporti funzionali e anatomici fra meccanismi legati al riconoscimento visivo di oggetti e quelli specifici per la lettura, e disegnare un’architettura funzionale dettagliata sottostante i processi di elaborazione del linguaggio scritto e dei suoi rapporti con quelli specifici per il linguaggio parlato [1].
A differenza del linguaggio, il cui fine comunicativo è in discussione (Noam Chomsky), gli studiosi sembrano concordare sull’idea che la scrittura è stata inventata per un fine squisitamente comunicativo. Gli ominidi hanno affrontato con successo la questione di come trasmettere i significati non solo tra persone appartenenti alla stessa generazione, ma fra individui che vivono in tempi diversi; infatti, grazie alla scrittura la comunicazione è stata resa permanente. Inoltre, la comunicazione permanente ha sfruttato una serie di risorse disponibili nell’ambiente in cui avevano vissuto le successive generazioni di ominidi.
La mente umana, nello svolgere le sue attività cognitive e comunicative, si è allargata oltre ai propri ristretti confini fisici: il suo essere situata in un corpo, a sua volta in costante interazione con l’ambiente, ha permesso di utilizzare alcuni aspetti modificabili come supporti esterni; per esempio, la possibilità di prendere un appunto su un foglio cartaceo o elettronico ha allargato incredibilmente la memoria umana, poter scrivere una lettera o fare una telefonata ha ampliato la possibilità di comunicazione.
In condizioni naturali, la comunicazione umana segue sia la modalità linguistica sia extralinguistica e, quando si è cercato di renderla permanente, è stata privilegiata una di queste due. Ciò significa che la scrittura non è basata necessariamente sul linguaggio: la scrittura si è sviluppata sulla comunicazione extralinguistica per almeno 30.000 anni prima che l’invenzione dell’alfabeto s’imponesse, ossia più di 5.000 anni fa. La scrittura permette la nascita della cultura critica e della scienza, proiettate verso il futuro e, nello stesso tempo, garantisce la conservazione del passato [2].
I sistemi ortografici
L’identificazione e la nominazione di figure di alcuni simboli grafici (per esempio, i segnali stradali) sono caratterizzate da una corrispondenza diretta fra oggetto e simbolo, e i primi esempi risalgono alla preistoria; al contrario, la scrittura è caratterizzata da un processo di trasformazione d’ogni unità (fonema o parola) nella corrispondente unità scritta. Oggi sono utilizzati tre sistemi ortografici:
- il sistema ideografico/logografico (un grafema indica un’intera parola; per esempio: pittogrammi, ideogrammi), usato in Cina e in parte in Giappone (Kanji), in cui a ogni singolo segno corrispondono suono e significato di una parola;
- il sistema sillabico (un grafema denota una sillaba), come il sistema di scrittura giapponese (Kana) in cui i simboli corrispondono a sillabe;
- il sistema alfabetico (un grafema indica un solo fonema), in cui a ogni segno (composta da una o più lettere, o grafema) corrisponde un suono (fonema) della corrispondente lingua parlata
Nei sistemi di scrittura alfabetici consonantici compaiono obbligatoriamente soltanto i segni corrispondenti ai suoni consonantici; in quelli regolari ogni segno scritto produce un fonema; in quelli fonologicamente trasparenti (o superficiali) la corrispondenza tra grafema e fonema tende a essere biunivoca. Nei sistemi di scrittura alfabetici ortograficamente opachi (o profondi) la corrispondenza tra grafema e fonema non è precisa.
Nelle lingue che usano il sistema alfabetico il grado di corrispondenza tra fonemi e grafemi è variabile: in alcune lingue come il serbo-croato l’applicazione delle regole di transcodificazione scritto-suono permette di ricavare la fonologia e l’ortografia di qualsiasi stringa di lettere o fonemi (ortografie trasparenti); per altre lingue, invece, come il francese o l’inglese, la corrispondenza tra grafema e fonema può essere molteplice.
Una variante del sistema ortografico è il sistema di scrittura dell’arabo e dell’ebraico: le lettere che compongono una parola scritta sono per lo più consonanti, mentre la maggior parte delle vocali sono omesse. Dato che differenti vocali possono essere inserite fra le consonanti, una stringa di consonanti è fonologicamente ambigua, potendo rappresentare parole diverse e “non parole”. L’ebraico ha quindi un’ortografia opaca, ma diversa dall’inglese, derivante dalla mancanza d’informazioni fonologiche, piuttosto che da un’inconsistenza delle regole della conversione scritto-suono che caratterizza l’ortografia inglese.
Infine, la posizione dell’accento in una parola scritta non è sempre prevedibile solo su basi fonologiche; per esempio, in italiano non c’è una regola costante che permetta di prevedere dove comparirà l’accento: di fronte a una parola scritta solo la precedente conoscenza del suono e del contesto condizioneranno la corretta pronuncia [1].
L’apprendimento della lettura e della scrittura
L’apprendimento della lettura si può schematizzare in quattro stadi:
- stadio logografico (in età prescolare), in cui si apprendono le proprietà salienti delle parole (per esempio, il gruppo “mm” nella parola “mamma”), la parola è trattata come un disegno;
- stadio alfabetico, in cui sono discriminate le singole lettere, ossia la parola è analizzata lettera per lettera, sono messe in corrispondenza le lettere con i suoni, sono lette parole nuove;
- stadio ortografico (a 9-10 anni d’età), in cui si ha riconoscimento della forma globale di una buona parte delle parole, e in cui le strategie dello stadio precedente (conversione tra segni grafici e suoni) sono usate in parallelo, per esempio nella lettura di parole nuove, quindi la parola viene analizzata per unità ortografiche;
- stadio lessicale, in cui la parola è trattata come un’unità dotata di significato.
L’apprendimento della scrittura, a sua volta, si può dividere in due stadi:
- stadio fonologico, in cui il bambino usa regole di corrispondenza fonemi-grafemi;
- stadio ortografico: come nello stadio ortografico della lettura, il bambino usa rappresentazioni lessicali (in questo caso ortografiche) dell’intera parola.
Le strutture cerebrali coinvolte
Un’estensiva esperienza visiva con gli oggetti può creare competenze percettive raffinate. Per esempio, gli esperti d’auto possono riconoscere con un’occhiata i modelli e le marche di centinaia d’auto e i bird-watcher possono identificare le specie degli uccelli visti velocemente attraverso il fogliame. L’acquisizione di queste esperienze percettive può portare a una specializzazione funzionale all’interno dei sistemi cerebrali dedicati alla processazione visiva.
La maggior parte delle persone è anche molto esperta della percezione delle parole. Per gli adulti, molta parte della vita si spende leggendo e i lettori adulti possono riconoscere le parole con grande efficienza. Come bambini, si è dedicato molto tempo all’apprendimento delle lettere e ogni giorno una persona alfabetizzata processa migliaia di lettere solo per interagire normalmente con un ambiente moderno. E’ stato ipotizzato che un’estensiva esperienza visiva possa portare a una specializzazione neurale specifica per le lettere.
Per comprendere i meccanismi cerebrali sottostanti l’abilità di scrittura, occorre considerare le strutture anatomiche e funzionali oggi note come coinvolte, al tempo stesso, nel processo di scrittura e lettura, dato che sono strettamente interconnesse. Occorre tener presente, inoltre, che le funzioni cognitive non hanno sede in un “centro nervoso” inteso come raggruppamento neuronale direttamente responsabile di una specifica funzione; infatti, per l’espletamento di un qualunque processo mentale è necessario un intero sistema d’aree corticali intimamente collegate tra loro, che lavorano in sintonia e s’integrano.
Alcuni grandi circuiti sembrano essere alla base di vari aspetti della lettura; per esempio, si pensa che il sistema posteriore dorsale (giro angolare, giro sopramarginale e solco temporale superiore) serva alle corrispondenze tra ortografia e fonologia. Le analisi semantiche delle parole sembrano avvenire prevalentemente nel lobo frontale inferiore sinistro e nel solco temporale superiore posteriore e la comprensione del contesto è considerata un compito dell’emisfero destro. Una rete ventrale posteriore comprensiva della regione occipitale-temporale potrebbe essere la base del processo visuale del testo stampato e responsabile delle abilità che si sviluppano tardivamente del riconoscimento rapido delle parole che, a sua volta, deriva dall’aumento dell’esperienza di lettura.
La lettura di una parola e il recupero del suo significato è un processo automatico che in parte si svolge al di fuori della consapevolezza. Le zone normalmente coinvolte nella lettura sono:
- area occipitale posteriore: è l’area dove avviene l’analisi visiva elementare, ossia il riconoscimento del simbolo;
- area temporale occipitale inferiore: deposito di rappresentazioni ortografiche delle parole: è la zona incaricata di “vedere” le lettere e rendere automatico il processo di riconoscimento delle parole;
- area temporale superiore o Area di Wernicke: la forma visiva della parole viene convertita in forma sonora;
- Area di Broca: qui si attiva il programma neuromotorio per la produzione del suono (bocca, lingua, laringe).
All’interno di questo sistema, la regione che ha ottenuto la maggior attenzione come area candidata per il processo visivo precoce del testo stampato è il giro fusiforme sinistro. Una parte del giro mediofusiforme mostra un’attivazione maggiore per le parole che per le stringhe di consonanti della stessa lunghezza e per questo è stata chiamata “Visual Word Form Area”(VWFA) o “Area visiva che forma la parola”.
La VWFA non differenzia tra parole e “pseudoparole” (per esempio, le parole non pronunciabili), ma risponde più parole che pseudoparole come, per esempio, stringhe di consonanti; di conseguenza, si pensa che la VWFA sia coinvolta nella processazione degli stimoli simili alla parola ma il suo specifico ruolo rimane ancora controverso.
Lo studio di Kronbichler e coll. (2009) di risonanza magnetica funzionale (fMRI) ha confrontato forme devianti con le forme famigliari delle stesse parole fonologiche come, per esempio: TaXi e Taksi vs Taxi e ha trovato che entrambi i tipi di devianza hanno aumentato l’attivazione nelle regioni occipitali-temporali sinistre, corrispondenti alla VWFA. La sensibilità della VWFA ai due tipi di devianza può suggerire che questa regione rappresenti parole visuali ben note non solo come sequenza d’identità di lettere astratte ma anche informazioni sul tipico format delle parole visuali. Gli elementi devianti, insieme all’aumentata attivazione in una regione occipitale-temporale destra, occipitale sinistra e posteriore sinistra, potrebbero riflettere un aumento delle richieste per la processazione delle lettere dovute alle forme devianti [3].
La specializzazione funzionale nel cervello è considerata un marchio di garanzia di un processo efficiente, quindi non sorprende che esistano aree cerebrali specializzate per processare le lettere. Per capire meglio le ragioni di tale specializzazione, l’emergenza del quadro di risposta nel flusso di processazione ventrale è stata studiata attraverso un paradigma d’apprendimento. In precedenza, è stato ipotizzato che un quadro di risposta specializzata, osservato durante la percezione delle lettere, poteva essere dovuto in parte all’esperienza di scrittura delle lettere.
Il lavoro di James e coll. (2009) ha ipotizzato che l’integrazione della processazione delle lettere attraverso la scrittura porti alla specializzazione funzionale nel sistema visivo. Sono stati testati diversi tipi d’esperienza con stimoli simili a lettere (“pseudolettere”, ossia segni inventati, senza corrispondenza fra lunghezza dei suoni e quantità di segni) nel determinare (o meno) una specializzazione funzionale simile a quella che esiste per le lettere. I quadri d’attivazione neurale sono stati misurati utilizzando la fMRI prima e dopo tre diversi tipi di sessioni di addestramento. I partecipanti sono stati addestrati a riconoscere le pseudolettere con scrittura, stenodattilografia, o pratica puramente visuale.
I risultati hanno suggerito che solo dopo la pratica di scrittura, i quadri d’attivazione funzionale per le pseudolettere sono resi simili ai quadri visti per le lettere; il che significa che l’attivazione neurale nel giro fusiforme sinistro e nel pre-centrale dorsale era maggiore quando i partecipanti vedevano le pseudolettere rispetto ad altri stimoli simili, ma solo dopo l’esperienza di scrittura. L’attivazione neurale è aumentata anche dopo stenodattilografia nel giro fusiforme destro e pre-centrale sinistro, suggerendo che, in alcune aree, qualunque esperienza motoria può modificare la processazione visuale. I risultati dell’esperimento indicano un’interazione intima tra il sistema percettivo e motorio durante la percezione delle pseudolettere, che può essere estesa alla quotidiana percezione delle lettere [4].
I modelli di lettura
I modelli di lettura maggiormente adottati oggi sono quelli “a due vie” che prevedono l’esistenza di almeno due meccanismi separati implicati nell’elaborazione delle stringhe di lettere, uno lessicale e l’altro sublessicale [5].
Il primo meccanismo, specifico per le parole conosciute, opera attraverso un processo di mappatura diretta fra le caratteristiche visive della stringa di lettere, compie un’analisi visiva che identifica le singole lettere che compongono la parola e ne riconosce la posizione all’interno della stringa e la rappresentazione lessicale, in precedenza immagazzinata, a essa corrispondente. Le rappresentazioni ortografiche sono funzionalmente separate dal lessico fonologico d’entrata e si raccordano con un sistema semantico amodale, a sua volta collegato al lessico fonologico di uscita.
Accanto alla via lessicale, il modello a doppia via prevede l’esistenza di una seconda procedura in grado di leggere parole nuove (mai viste prima) o non parole, quindi in grado di ricodificare fonologicamente stringhe di lettere. Tale operazione di ricodifica utilizza regole astratte di conversione scritto-suono che permettono di tradurre le informazioni grafemiche della stringa scritta nel corrispondente codice fonologico, senza un passaggio attraverso il sistema semantico.
Una volta ottenuta una rappresentazione fonologica astratta sia attraverso la via lessicale sia non lessicale, l’informazione passa a un magazzino di memoria a breve termine (buffer fonologico) che mantiene (solo per il tempo necessario a pianificare i processi di articolazione per la produzione ad alta voce) la rappresentazione astratta elaborata negli stadi precedenti [1]. Si ricorda che “grafema” si riferisce a un’intera parola, mentre “fonema” al il suono linguistico (fono) con valore distintivo, in quanto la sua sostituzione contribuisce a cambiare il significato di una parola e che non può essere scomposto in altri segmenti con la stessa funzione (cane-pane).
Il riconoscimento della parola scritta
Secondo il modello ad attivazione interattiva di McClellande e Rumelhart (1981) [6], le parole sono rappresentate a tre livelli distinti: tratti ortografici di base (per esempio: segmenti), lettere e parole. I tratti di base sono elaborati per primi e quelli riconosciuti nello stimolo trasmettono la loro attivazione al livello di rappresentazione superiore (lettere); a loro volta, le lettere inviano un’attivazione alle parole con esse compatibili. Il riconoscimento avviene al livello delle parole, “vince”la parola che ha accumulato il più alto grado d’attivazione.
L’attivazione può fluire, oltre che dal basso verso l’alto (dai tratti ortografici alle parole) anche dall’alto verso il basso (dalle parole ai tratti ortografici) e avvengono processi d’attivazione e d’inibizione come, per esempio, tra parole alternative o fra tratti e lettere non compatibili. I concetti corrispondenti alle parole sono rappresentati come nodi di una rete; i legami tra i nodi corrispondono a vari tipi di relazione semantica. Una volta attivato un nodo, l’attivazione si propaga attraverso la rete ai nodi vicini.
L’attivazione diminuisce in funzione della distanza; questo tipo d’organizzazione può contribuire a spiegare il fenomeno del priming semantico: quando una parola-target (per esempio: “cane”) è preceduta da un’altra parola a essa collegata per significato (per esempio: “gatto”) la parola-target viene letta più rapidamente e accuratamente e ciò si può spiegare assumendo che l’attivazione del significato GATTO porti (tramite la rete) all’attivazione del significato CANE, che a sua volta attiva la parola “cane”.
Si distinguono i principali fenomeni della lettura:
- frequenza: le parole più frequenti sono lette più rapidamente e accuratamente;
- regolarità: quanto più le parole tendono alla regolarità tanto più è facilitata la loro lettura;
- interazione tra regolarità e frequenza: l’effetto di regolarità è più forte per le parole a bassa frequenza d’uso;
- struttura morfologica: la lettura di parole nuove (o a bassa frequenza) è facilitata se contengono morfemi frequenti e riconoscibili;
- lunghezza: nella lettura ad alta voce, le parole più lunghe sono lette più rapidamente;
- vicinato: le parole con meno vicini ortografici (ossia, parole che differiscono per una sola lettera dalla parola data) sono lette più facilmente.
Il riconoscimento visuale della parola sembra basato su una gerarchia di rilevatori neuronali a complessità crescente dalle singole lettere a bigrammi (coppie ordinate di parole) e morfemi (il più piccolo elemento di una parola o di un enunciato dotato di significato). Nello studio di Vincker e coll. (2007) è stata impiegata la fMRI per verificare se tale gerarchia sia presente nella corteccia occipitale temporale sinistra, nel sito dell’area visuale che forma la parola, con una progressione dalla posizione anteriore a quella posteriore.
Nello studio alcuni lettori adulti sono stati esposti a:
- stringhe con caratteri falsi;
- stringhe con lettere infrequenti;
- stringhe con lettere frequenti ma con rari bigrammi;
- stringhe con bigrammi frequenti ma rari quadrigrammi;
- stringhe con quadrigrammi frequenti;
- parole reali.
Lo studio ha evidenziato che l’area visuale temporale occipitale sinistra che forma la parola, lontana dall’essere una struttura omogenea, presenta un alto grado di organizzazione gerarchica spaziale e funzionale che deve risultare da un processo di sintonizzazione durante l’apprendimento della lettura [7].
Dall’identificazione di lettere alla forma della parola scritta
La prima fase del processo di lettura si basa sulla capacità d’identificare, in parallelo, stringhe di lettere, in maniera rapida e indipendente dal numero di lettere che compongono la stringa (purché non sia superiore a sei), ossia in meno di mezzo secondo un lettore esperto è in grado di compiere un processo di decisione lessicale visiva (decidere se una stringa di lettere corrisponda o no a una parola), indipendentemente dalla posizione, dimensione e tipo di carattere delle lettere che compongono la stringa in esame. Ne consegue che, durante la lettura, sono trascurate alcune differenze di forma come in “a” e “A” mentre, al tempo stesso, si devono elaborare piccoli dettagli che permettono di distinguere fra loro due lettere come “e” e “c”. Infine, il processo di riconoscimento della parola tiene conto dell’ordine in cui sono disposte le lettere, così da distinguere “dito” da “todi”.
Il primo passo consiste nell’identificare le lettere attraverso un meccanismo di combinazione di singoli segmenti orientati su piani diversi, seguito da un processo che permette la “normalizzazione” delle singole lettere, indipendentemente dal carattere e forma (sistema astratto d’identificazione di lettere). Una volta identificate le singole lettere, il processo prosegue con l’identificazione di coppie di lettere che compongono le singole parole, anche se separate da altre lettere mediante l’attivazione di un rilevatore di diagrammi: per esempio il rilevatore EN si attiva in presenza della lettera E posta a sinistra della N anche se esistono altre lettere che le separano. Così, per esempio, la parola TICS è codificata dai seguenti diagrammi: TI, TC, IC, IS e CS. In alcuni esperimenti di priming si è dimostrato che il riconoscimento di una parola è facilitato dalla presentazione precedente di alcune lettere che la compongono purchè l’ordine delle lettere sia preservato (per es.: grdn facilita il riconoscimento della parola giardino a differenza di rgdn). Durante l’apprendimento della lettura si svilupperanno di preferenza quei rilevatori di diagrammi che s’incontrano più frequentemente nelle parole scritte: per esempio, per l’italiano si attiverà EN per riconoscere parole come “scienza”, “mentre”, “Firenze”, ecc. mentre non si attiverà ZH perché tale combinazione è in pratica assente nell’italiano scritto.
Tale processo si estenderà poi al riconoscimento di frammenti di parola con dimensioni sempre maggiori, quali trigrammi, quadrigrammi e intere parole. In particolare, è stato proposto che il sistema astratto di riconoscimento di lettere è organizzato in unità complesse quali morfemi, sillabe o insiemi di consonante-vocale. L’utilità di tali raggruppamenti può facilitare il processo d’elaborazione necessario per realizzare la pronuncia o il significato della stringa in esame: per esempio, la decomposizione in morfemi faciliterà la lettura di parole complesse rappresentate in forma decomposta. Il risultato finale porterà alla rappresentazione astratta della stringa di lettere che compongono la parola (forma visiva della parola). Tale rappresentazione sarà elaborata da meccanismi di tipo sublessicale (conversione grafema-fonema) o sarà elaborata dal sistema semantico-lessicale.A tale processo di riconoscimento “dal basso” si accompagna un meccanismo di feedback a partire dal sistema lessicale: la lettura di parole può avvenire in maniera parzialmente indipendente dalla forma fisica degli stimoli per cui è possibile che NUM3RI e $IMBOLI assumano il valore di lettere [1].
Bibliografia
- Denes G Parlare con la testa. 2009 Zanichelli editore
- Bara BG Il sogno della permanenza. 2003 Bollati Boringhieri editore
- Kronbichler M et al On the functional neuroanatomy of visual word processing: effects of case and letter deviance. J Cogn Neurosci 2009; 21(2): 222-29
- James KH, Atwood TP The role of sensorimotor learning in the perception of letter-like forms: tracking the causes of neural specialization for lettera. Cogn Neuropsychol 2009; 26(1): 91-110
- Coltheart M et al DRC: a dual route cascaded model of visual word recognition and reading aloud. Psichological Review 2001; 108(1): 2014-56
- McClelland JL, Rumelhart DE An interactive activation model of context effects in letetr perception. Part 1. An account of basic findings. Psichological Review 1981; 88(5): 375-407
- Vincker F et al Neuron 2007; 55(1): 143-156James KH, James TW. Cognitive, Affective & Behavioral Neuroscience 2005; 5(4): 452-6
Articolo di Rossella Ferrari, biologa molecolare e medical writer (C) 2011 BrainFactor http://brainfactor.it
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