ROMA – Perché alcuni pazienti con caratteristiche neuropatologiche dell’Alzheimer (AD) non manifestano segni di demenza? È una domanda che ha arrovellato clinici e ricercatori per anni.
Ora un team internazionale dell’Università Roma Tre, di University of Texas Medical Branch (UTMB) e di Oregon Health & Science University sembra svelare il mistero: i soggetti “NDAN” (così vengono chiamati in gergo tecnico questi pazienti cognitivamente funzionali, dall’inglese “Non-Demented with Alzheimer’s Neuropathology”) regolerebbero in modo diverso la risposta allo stress ossidativo mediato dai depositi di beta-amiloide.
Pubblicato in open access sul Journal of Neuroscience, lo studio (a cui si rimanda per i dettagli biomedici e metodologici) può aprire nuove prospettive nella ricerca di trattamenti in grado di agire, se non risolutivamente sulla malattia, almeno a livello sintomatologico, con risparmio della qualità di vita dei pazienti.
“Nei tessuti dei pazienti NDAN – spiega il prof. Giulio Taglialatela, direttore del Mitchell Center for Neurodegenerative Diseases di UTMB – abbiamo trovato una differente espressione dei fattori che modulano la risposta antiossidante: in particolare, minori concentrazioni di molecole di microRNA regolatrici negative dei fattori di trascrizione rispetto a chi manifesta demenza”.
“Da anni – aggiunge la prof. Sandra Moreno di Roma Tre – il nostro gruppo di ricerca si occupa del ruolo dei radicali liberi nella malattia di Alzheimer: oggi abbiamo un’ulteriore conferma del nostro lavoro; lo studio infatti rivela la capacità dei soggetti NDAN di attivare una risposta cerebrale antiossidante efficace”.
“Tale resilienza innata – conclude la ricercatrice romana – sembra giustificare le abilità cognitive intatte degli NDAN, che hanno livelli di danno ossidativo ai neuroni e alla glia più bassi rispetto agli AD”. Tra i prossimi passi, la valutazione di “nuovi approcci basati sull’attivazione delle difese antiossidanti attraverso interventi mirati alla modulazione di specifiche molecole di microRNA”.
Lo studio:
Image by Daniel Nebreda from Pixabay
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